differenza d’indole e di carattere, tanto da trovarsi stupito alzando gli occhi sovrappensiero, scorgendo nel viavai della folla i Kauer-Jäger invece dei piumati nostri bersa glieri, ed il grottesco berrettone dei polipai austriaci in luogo del bicorno dei reali carabinieri. Perchè tutto qui in Trento, sente e parla di quel carattere d’italianità che è natura inalienabile col suolo, degli uomini e delle cose che vi sono sopra. Trento, ritraendo ad un tempo del carattere delle città venete e lombarde
, è come il .vertice d’un angolo dal quale si dipartono due lati aventi la loro estremità a Verona ed a Brescia. Oltre Trento, verso il Brennero, verso il Nord, l’ho constatato fin dove ho potuto spingermi, e l’ho sentito ripetere da chi poteva dirlo con competenza e cognizione di causa, questa caratteristica diminuisce e si dilegua in progres sione geometrica coll’aumentare delle distanze; finché, a Bolzano e Bressanone se ne vedono le ultime vestigia, e più oltre scompare affatto nella completa
tedescheria. Ma a Trento si sa e si sente di essere in Italia, le cento volte più che non lo si senta in certi paesi dell’estremo lembo della penisola, di Sicilia e di Sardegna, ove la fisonomia dei luoghi, delle case, degli uomini, prende un aspetto del tutto africano : qui si sente di essere in Italia, e della miglior parte, e nulla havvi che ne attutisca per un momento solo l’illusione — nemmeno il passo pesante, cadenzato dei sol dati, della sbirraglia austriaca, cosi diverso da quello dei nostri
soldati e, diciamolo pure, dal pas-des-loups de’ nostri questurini. Passeggiando in lungo ed in largo, come io ho fatto per quasi tre giorni, le vie di Trento, fermandomi fra la folla dei cittadini e dei montanari, degli acquaiuoli e delle erbivendole, davanti alle vetrine dei negozi o nei caffè, nelle viuzze più remote ed oscure delle quali neppure.ricordo i nomi, nei passeggi più frequentati, l’impressione provata nel primo giro, per la città, non ha mutato: ma anzi si è ognora più consolidata