274 — \ sentenza del Principe Vescovo di Trento ha prodotto in noi sulle prime nn certo senso di stupore. Imperocché il vedere un Prìncipe Sovrano enormemente offeso nella sua dignità e ne' suoi diritti da un popolo tumultuante, il quale non solo non castiga alcuno, nem meno dei Capì della rivolta, ma non trova ne anco una parola' di rimprovero per essi e per il fatto, e non solo tutto perdona e tutto assolve, ma accorda perfino alle Talli ribellate nuove e no tevoli franchigie, è cosa.non
osservare, che non era punto ignoto al Principe di Trento quanta parte nei torbidi della Città e delle Valli del Kosio avessero avuto il Conte Federico ed i di lui partigiani. Se quindi avesse aggravata la mano contro i colpevoli, avea a temere, che il Conte, per maggiore mal animo contro di lui, raddoppierebbe i suoi conati a favore dei malcon tenti, e a totale rovina del Principato ; mentre all' opposto, usando clemenza, toglieva al Conte ogni pretesto di rammarico e di ven detta. Inoltre con un atto
sì solenne di generoso perdono era lecito al Vescovo sperare, che anche la Città di Trento, disposta a migliori consigli, avrebbe trovato il coraggio e la fiducia di pre sentarsi a Lui per chiedere. ed impetrare somigliante favore. In fine, dopo una testimonianza così gloriosa di paterno affetto, po teva pur aspettarsi, che le Valli del Nosio, porzione principalis- sima del Principato, da qui innanzi si mostrerebbero meglio at taccate alla sua persona ed al suo governo. Ma se il Vescovo Giorgio, mentre
dettava il documento del 31 marzo, nutriva in cuore siffatte speranze, ne dovette ben tosto restare amaramente deluso. Imperocché, ritornato appena da Bolzano alla sua sede, ove pareva abbonacciata la procella, nel recarsi alla Cattedrale venne arrestato dai faziosi sulla pubblica via, villanamente insultato e condotto prigione nella Tor Vanga. Lascio, a chi vorrà scrivere delle cose di Trento, il triste