atterrare il Comune e ristabilire il governo baronale, al quale forse aspirava. Vuoisi anche che questo Ranfo, agisse d’accordo con Venezia che gli ■ aveva promesso aiuti: e • con 'certi fuorusciti triestini dimoranti nel Friuli, perchè banditi dal Comune, essendo sospetti di accordi coi Veneziani e di tenerezze per il governo vescovile. Ma la congiura di Ranfo fallì lo scopo. II. popolo in massa accorse e difese la libertà della patria in pericolo: le case del Ranfo, sulla piazza Cavana, vennero
saccheggiate, incendiate, distrutte, ed il Ranfo — chi lo vuole trucidato - dalla furia del popolo e chi messo in salvo sul territorio della Repubblica veneta — scomparve: nè di lui si ebbero più notizie. I fautori del Ranfo, che caddero in potere del Comune furono giustiziati come parricidi: i loro beni confiscati: quelli che poterono mettersi in salvo, ven nero condannati al bando perpetuo con una grossa taglia, per chi, inseguendoli, li avesse uccisi, 0 catturati, 0 ricondotti davanti ai giudici del
Comune. . • L’esempio fu salutare: e quando il vescovo Antonio Negri, nel 1349, tentò di far valere, ripristinandoli, i suoi diritti baronali, vide nella città tale apparato di resistenza, sentì tali minaccie turbinargli sul capo, che pensò bene fuggire, lanciando la scomunica sulla città. Ma fu peggio: il conflitto fra i Triestini ed i suoi partitanti, era imminènte, e certo colla disfatta di questi ultimi, perchè pochi e mal sicuri: onde il vescovo, venuto a più miti consigli affidò la quistione
al giudizio degli arbitri, i quali sentenziarono pel diritto del Comune, risolvendo per'sempre la incresciosa quistione. Neh frattempo vari cambiamenti politici s’erano avverati nell’interno dell’Istria e sul litorale: la potestà dei patriarchi d’Aquileja s’intedeschiva, ed abbandonando gradatamente le sue pre tese sull’Istria, si, accontentava del Friuli, dopo’ aver raggiunto l’apogeo della sua potenza verso la metà del secolo XIV sotto i patriarchi Bertrando da San Ginesiò, Nicolò di Boemia e Mar