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Notations: Parallelsachtitel: Der Beitrag zur Geschichte im deutschen und italienischen Sprachraum in den letzten fünfundzwanzig Jahren (1945-1970) Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung.

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e concreti, quasi in un superiore disimpegno che nella progettazione ideale esteti- sticamente eludeva spesso alla problematica concreta, dialettizzandola nell’ideale della Ragione storica e anche in una mitologia dell’azione politica. Caduti questi miti, allentate le maglie di questa dialettica, i problemi nella loro particolarità, nella loro urgenza, nella loro ineludibilità anche nella banalità, dicia- mo, della loro consistenza o nella tragicità della loro consistenza, sono emersi e chiedono una

puntualità, alla dramma- ticità di una situazione concreta e alla impossibilità di ciominare i problemi dentro una prospettiva, diremo, a larga scadenza, a lunga scadenza, ci ha restituito nella loro, a volte anche banalità, i tempi corti, i problemi a corto raggio della vita quoti- diana nazionale e anche personale. Che cosa troviamo allora oggi, quali possono essere dei sintomi di questa situazione a livello, direi di costume, a livello cii at- teggiamento interiore, a livello anche di fenomeno

culturale nel senso piú ampio del termine. 10 vorrei qui in maniera esemplificativa segnalare soltanto due elementi che possono avere una loro significanza, che hanno, a mio awiso, una vivace positi- vità, anche se hanno delle inquietanti, a volte, manifestazioni. 11 primo ríguarda l’esperienza religiosa e la riflessione di pensiero inerente pro- prio questa esperienza. Se noi guardiamo il posto che la Religione, non dico la filosofia della Religione, ma forse possiamo dire anche questo in termine molto

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History , Cultural history, Ethnology, Music, Theatre , Linguistics

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Author: Akademie Deutsch-Italienischer Studien (Meran) ; Internationale Tagung Deutsch-Italienischer Studien <11, 1971, Meran> / Accademia di Studi Italo-Tedeschi - Merano

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cendo) erano e restano piú macroscopiche. Tutti cociesti, owiamente, sono o sem- brano argomenti validissimi in favore dei riformatori e perfino tali da giustificare uno dei piú impudenti dei loro slogans: ”meglio una legge cattiva che nessuna leg- ge ”' Già, perché codesto slogan o parola d’ordine, sciocca come quasi tutte lo sono in quanto pretendono di caratterizzare con rozzezza militaresca la vita politica, non trova alcuna rispondenza nei fatti. Nell’Università italiana la legge esisteva

cooptino i loro pari attraverso concorsi, la cui pubblicità è garantita dalle opere a stampa presentate dai concor- renti, che perció tutti possono Ieggere e giudicare? Dichiarati poi i vincitori col si- stema della terna, che anch’esso, come ogni trinum è per ciefinizione perfectum, quale miglior garanzia le Facoltà possono avere nella scelta dei loro docenti che quella offerta dalle terne clei concorsi? E non è perfetto il sistema, di cui oggi si parla come cli una grande novità, del docente unico

, ad esempio, non riconoscere che l’affidamento dell’autogoverno universitario a consessi di pari che eleggevano i presidi e i rettori, o che lo stesso istituto dell’esame inteso come colloquio periodico con gli studenti, coi quali del resto era aperta ciualsiasi altra forma di comunicazione, fosse anch’es- so, in ünea di principio, perfettissimo? E in fondo, la stessa tradizionale larghezza 116

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positi altrove in modo magndoquente proclamati, cosi da awolgersi in contraddizioni tanto gravi, che solo si possono spiegare con l’ottuso livore da loro nutrito contro la Monarchia, nonché con l’istinto di prepotenza e di arroganza che li animava. Come è possibile infatti conciliare l’art. XIII delle “Norme Transitorie e finali” con í’art. 16 della Costituzione secondo cui “ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della repubblica e di rientrarvi salvo gli obblighi di legge”?. Non

si puó pensare d’altra parte che il perpetuo esilio cui il Re ed i suoi discendenti sono stati condannati per via della loro qualitàpersonale (la regalità) abbia fatto loro perdere la cittadinanza italiana, non solo per- ché per l’art. 1 della costituzione “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti aiia legge senza distinzioni di sesso, cii razza, di lin- gua, di religione, di opinioni politiche di condizioni personali e sociali”, ma anche perché l’art. 22 recita che “nessuno

puó essere privato permotivo politico della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”. Le contracldizioni riguardanti la casa Reale non si fermano qui, perché, mentre l’art. 49 stabilisce che “sono elettori tutti i cittadini uomini e donne che “abbiano raggiunto la maggiore età”, l’art. XIII, 1 cpv. delle “Norme Transitorie” dichiara che “i membri ed i discendenti di Casa Savoia - non solamente quindi i discendenti maschi del Re e le loro Consorti! - non sono elettori e non possono

territorio nazionale degli ex-Re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discen- denti maschi sono avocati allo Stato”: e cosi, ignorando che da che mondo è mondo in ogni Stato monarchico altro sono i beni privati ed altro i beni della Corona, la repubblica ha spogliato la Famiglia Reale anche di quanto era suo personale. Infausto presagio per tutti gli italiani! La verità infatti è che la repubblica non solo ha spogliato la Famiglia Reale dei suoi beni ma, cosa ancor piú grave, ha spogliato

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Individui imperfettissimi possono creare opere perfette; è ciò che l’uomo fa da millenni, L’arte, la scienza, la filosofía sono creazioni che vanno oltre Í loro autori, per diventare patrimonio non perdibile dello spirito, ossia dell’universalità degli uomini, Per questi motivi l’uomo è senza dubbio in grado di creare anche istituzioni al- meno sulla carta dotate del requisito della perfezione: ma non per questo potrà dire o credere di aver trovato la panacea di tutti i mali. Senza dubbio

, beninteso, esistono ampie possibilità di riforma delle istituzioni che in seguito a determinati interventi possono effettivamente migliorare o diventare piú funzionali: ma nes- suno ha il diritto di dimenticare che lo scopo delle istituzioni è l’uomo nella sua indistruttibile personalità e individualità. Accade perfino, talvolta, che i riformatori dimentichino che il sistema contro cui si appuntano le loro severissime critiche è già a suo tempo stato ideato come (teoricamente) perfettissimo, e senza

nazionale, continua a venir considerato disponibile per tutti i piú rischiosi e irrazionali esperimenti. Alludo, naturalmente, all’LJniversità, dove, per una curiosa sorta di contrappasso alla ro- vescia, Facoltà come quella letteraria e talune scientifiche in cui meno, e spesso per nulla, si lamentavano i mali da cui sono afflitte le loro consorelle, sono state e sono tuttora quelle che piú soffrono del permanente stato di anarchia in cui la faziosità violenta di talune minoranze studentesche, troppo

spesso favorite dalla demagogica acquiescenza clelle autorità accademiche e statuali, è riuscita a piom- barle. Com’é noto, i piú attivi tra i riformatori della nostra Università (a parte la loro quasi costante condizione di ex bocciati a concorsi e libere docenze) sono anche quelli che hanno ampiamente stimolato e favorito la cosiddetta contesta- zione per evidenti fini di potere e il gioco si è ripetuto e si ripete nell’ambito delle Facoltà, specie di quelle in cui certe deficienze (scarsità

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situazione che dipende da antiche tare morali che qui non è il luogo di analizzare nella loro genesi ma che purtroppo, data la loro cronicità, non s«' oossono sempre curare con terapie rapide o peggio, come si è fatto finora, con minacce e umilia- zioni. Non solo: ma è dawero strano che proprio coloro non rinuncerebbero alla li- mitazione di nessuna delle libertà sindacali malgrado i danni evidenti che il loro esercizio arreca non di rado all’economia nazionale e in definitiva agli stessi lavo

un effettivo senso di realismo a quanti ritengono di avere ricevuto dal destino il compito di risanare o moralizzare il nostro come qualsiasi altro Paese: e in par- ticolare di raccomandar loro (se mai abbiano l’abitudine di stare a sentire qualche voce non interessata) l’abbandono delle concezioni che ameremmo definire “me- tafisiche”, totalizzanti, con cui si vorrebbe dar fondo all’universo e risolvere una volta per sempre tutti i problemi, e la preferenza per le soluzioni individuate, gra- duali

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cittadini, a vecchie tradizioni democratiche. Nel loro ambito rivisse la mol- teciplità dei gruppi e dei paesi tedeschi. I primi grossi compiti della liquidazione del Terzo Reich (denazificazione, assorbimento degli esuli, costruzione di una nuova struttura giudiziaria ed amministrativa), e cosi pure la ricostruzione delle scuole e la ripresa dell’attività artistica e scientifica furono assolti dai Lànder. Fin dalla fondazione della Repubblica Federale Tedesca (1949) i Lânder hanno riot- tenuto la loro

autonomia pur continuando a partecipare, attraverso il Consiglio Fe- derale, alla formazione della volontà generale dello Stato; nella DDR invece i Làn- der non esistono piü come istituzioni autonome. II nucleo della loro statalità risie- de fino ad oggi nella loro autonomia culturale. 2) La nascita della Costituzione e della Repubblica Federale awenne da un lato sotto le condizioni poste da una politica mondiale e dall’altro in relazione con l’e- sperienza della Repubblica di Weimar. Diversamente

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dal contesto storico in cui soltanto è possibile intenderli; dalle dure reazioni, cioé, a cui quei fatti e i loro artefíci dettero luogo senza nemmeno affrontare i problemi che avreb- bero preteso di risolvere con grande rapidità. Ma l’esperienza successiva non in- coraggia in nessun modo, nonostante il tempo a disposizione degli eversori sia stato ben piü lungo e si cominci a misurare in interi semisecoli. L’illusione è che si possa trasformare l’uomo, la sua eterna natura, trasformando o piú

spesso fingendo di trasformare quell’ente difficilmente definibile e classifi- cabile che è la società. Se costruiremo una società perfetta, anche l’uomo diverrà perfetto. Ma quelli che cosi parlano, anche ammessa, con un grande sforzo, la loro buonafede giacché quest’ammissione dovrebbe portare a conclusioni non liete sulla loro intelligenza, dimenticano che la storia umana vale per i suoi risultati di civiltà, e non per gli ipotetici e discutibili progressi dell’individuo o della società come tali

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negli scritti dei pensatori politici di tendenza diremo cosi re- pubblicana balza evidente la inattuabilità dei loro piani, proprio perché co- desti sono frutto di pure elucubrazioni, mentre in quelli ciegli scrittori di inclinazione monarchica il disegno politico, proprio perché esso parte cial- la osservazione del concreto e tiene conto della natura dell’uomo, non è mai tanto utopistico da non potere venire tradotto nella realtà delle cose. A questa legge che governa la utopia repubblicana non

al n. XIII delle “Norme transitorie e finali” - per cui “agli ex-Re (ma perché il plurale?) di Casa Savoia, alle loro Consorti ed ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso ed il soggiorno nel territorio nazionale”, perché se noi cosi facessimo, non potremmo procedere nel nostro ragionamento. Non è possibile peró, prima di procedere oltre, non osservare che, già a questo proposito, i “paclri della costituzione” inciampano nei buoni pro- 78

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ed essenziale difetto che metterà sempre il governo monarchico al di sotto di quello repubblicano si è che in questo la voce pubblica non innalza mai ai primi posti se non uomini illuminati e capaci i quali li sostengono con onore: laddove quelli che nelle monarchie vi pei'vengono non sono per ordinario che vili imbroglioni, meschini bricconi, infelici raggiratori, ai qua- li i piccoli talenti che nelle Corti fanno giungere ai posti, non servono che a mostrare al pubblico la loro sciocchezza

scegliere i pro- pri ministri e che le repubbliche al contrario godano in proposito di un fiu- to infallibile: codesto, io penso, è un assioma il quale è contraddetto dagli insegnamenti della storia, dai documenti che ci sono pervenuti dei grandi monarchi come ad esempio dal Testamento politico di Maria Teresa, ma soprattutto dalla esperienza di quelle generazioni come la nostra le quali hanno potuto fare un paragone tra il governo del Re e quello della Re- pubblica. In realtà la repubblica, per quanto

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18) -1 Membri della Regia Accademia delle Scienze dopo sette anni di nomina; 19) -1 Membri ordinarii del Consiglio Superiore della Istruzione pubblica dopo sette anni di esercizio; 20) - Coloro che con servizi o meriti eminenti avranno illustrato la Patria; 21) - Le persone che da tre anni pagano tremila lire di imposizione di- retta in ragione dei loro beni, o della loro industria. Si vede bene da queste categorie come il requisito indispensabile per la nomina a senatore fosse quello di avere

professionale, con che, evidentemente, si vuole che solo co- loro che abbiano superato l’esame siano dichiarati idonei e maturi: tanto è 85

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E non parliamo poi dell’art. 42 secondo comma, per il quale la legge ha per compito di rendere accessibile a tutti la proprietà, perché le recenti leg- gi sulla edilizia non solo rendono impossibile di fatto ai lavoratori di con- seguire la proprietà della casa, ma anche esplicitamente si premura di fare loro noto che la casa è data loro solamente in uso. La costituzione repubblicana ha innovato profondamente negli organi legislativi, voglio dire la Camera dei Deputati e quella dei Senatori

Generali e i Contr’Ammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado di attività; 15) -1 Consiglieri di Stato dopo cinque anni di funzioni; 16) -1 Membri del Consiglio di Divisione dopo tre elezioni alla loro pre- sidenza; 17) - Gli Intendenti Generali dopo sette anni di servizio; 84

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avuto luogo un rinnovamento delle istituzioni giuridiche. Secondo loro, il periodo di tempo dopo il 1945 sarebbe stato, al con- trario, contrassegnato dall’immobilismo, soprattutto nel campo giuridico. In verità il clima politico e sociale nella Germania postbellica non è stato uni- forme, L’era adenaueriana (1945-1960), chiamata da molti osservatori all’estero l’epoca del «miracolo tedesco», è stata un periodo, di immense realizzazioni sui piani dell’economia, dello stato e del diritto

in base alla quale i Paesi vincitori ed ex- occupanti concedettero alla Repubblica Federale la piena sovranità. Ciononostante la «costituzione d’emergenza» del 1968 ha messo in profonda agitazione molti te- deschi perché ricordava loro il malaugurato articolo 48 della Costituzione di Wei- mar, che eoncedeva enormi poteri ai Presidenti del Reich di allora. 34

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una nuova legge che tenga conto delle nuove e fino a ieri impensabili soluzioni, anche se non tutte imprevedibili e ine- vitabili (si pensi alla follia della liberalizzazione degli accessi, che è stata una te- rapia geniale come quella di chi curasse la diarrea coi purganti). No, il nostro di- scorso è di tutt’altro tipo, Esso voleva e vuole unicamente costituire un pacato ri- chiamo al senso della realtà e anche un energico grido di allarme contro le furie clel giacobinismo e magari contro

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nell’adempimento del suo alto ufficio è veramente no- tevole. La consultazione del grosso volume: Ilprimo decennio digiurispru- denza della Corte Costituzionale 1956 -1965, finito di stampare nel 1968 ed apparso coi tipi della Casa Editrice Jovene di Napoli, permette di formarci una idea esatta della importanza della attività dell’alto consesso. 87

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in terris» di Giovanni XXIII, con la qua- le si poneva fine al contrasto tra il pensiero cattolico e la dottrina dei diritti dell’uo- mo, quel contrasto che era sorto per l’opposizione cattolica alle idee dell’Illumi- nismo ed alla concezione sociale della Rivoluzione francese, Le posizioni del papa Giovanni XXIII, cosi sollecito per la dignità umana di ogni singolo, furono poi san- cite nei documenti del II Concilio Vaticano e soprattutto nella Costituzione pasto- rale «Gaudium et spes» e nella

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politica ed etica, tra conformismo giuridico e costume civile, quella dell’indebita e spesso assurda proliferazione di leggi che è tipica del nostro Paese, troppo incline a dimenticare o non applicare le leggi esistenti (che già per conto loro prevedono un numero infinito di reati, per cui la quasi totalità della popolazione italiana, tranne forse i soli infanti e le donne gravide, dovrebbe vivere perpetuamente in prigione) e a farsi perdonare, non si sa bene da chi, co- desta tendenza irresistibile

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de- putati, ma di tutti coloro che li hanno eletti. Signore e Signori! lo credo che il mio ragionamento per assurdo - che peró potrebbe seguitare ben piú a lungo! - possa considerarsi concluso. Quali sono a questo punto le conclusioni che se ne possono trarre? La contraddizione tra i vanitosi propositi della costituzione repubblicana e la miserevole realtà che costituisce la loro traduzione sensibile è talmente grande, da fare convinto anche il piú sproweduto degli uomini, che il di- fetto non è solo nel

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awiso murale ricorda ancor oggi agli italiani una virtú che essi naturalmen- te possedevano ma che una forsennata politica economica e finanziaria condizionata dall’odio e dalla ideologia politica ha fatto loro perdere. I nostri ministri che si occupano delle materie finanziarie, fanno un gran parlare della “fuga dei capitali all’estero” ma siccome ignorano la storia, non sanno che già vi fu un tempo, che conobbe questo fenomeno ed è quello del basso Impero nel quale la oppressione vessatoria

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si presenta- rono furono le piü complicate in quanto le potenze occupanti il paese diviso si trovarono in ben poca armonia fra di loro. Ma l’esistenza di un governo austriaco unico, che ebbe subito un limitato potere legislativo ed esecutivo, impedi l’esecu- zione di programmi come quello che naturalmente i sovietici avevano portato con sé. Le misure prese contro i nazionalsocialisti dal governo eletto il 25 novembre 1945, l’eliminazione della fame con l’aiuto degli americani, la soluzione della crisi

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ultimi venticinque anni sono state apportate alle istituzioni giuridiche della repubblica italiana hanno condotto veramente di fatto ad un “rinnovamento”, owero è dato cogliere un divario tra il Sollen ed il Sein, cioé tra i propositi e la loro at- tuazione, vale a dire tra l’ideale e la realtà? Parlando dell’ideale e della realtà nella Repubblica Italiana io non voglio per nulla affermare che la forma di governo repubblicana possa costituire un ideale politico. Questo pensiero, se vogliamo dire

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