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gano fatte alcune importanti modifiche al fine di garantire all’opera “una vera esecuzione artistica”, fra le quali la disposizione deH’orchestra: Questa collocazione d’orchestra, è d’un ’importanza ben maggiore di quello che comunemente si crede, per gl ’impasti degli stromen- ti, per le sonorità, e per l ’effetto. Questi piccoli perfezionamenti apriranno poi la strada ad altre innovazioni che verranno certa- mente un giorno, e fra queste quella di togliere dal palcoscenico i paichetti degli

spettatori, portando il sipario alla ribalta: l’altra, di rendere l’orchestra invisibile. Quest’idea non è mia, è di Wag- ner: è buonissima [...] 37 Tuttavia, in fatto di orchestra invisibile Verdi riteneva di avere idee ancor piu radicali di Wagner, almeno da come ne scriverà vent’anni piu tardi a Lorenzo Mascheroni: L’orchestra che fa parte del mondo ideale poetico etc. e suona in mezzo al pubblico che applaude o fischia, è la cosa la piii ridicola del mondo. Coi grandi vantaggi dell ’orchestra

invisibile si potreb- bero tollerare anche le mancanze inevitabili di forza e sonorità, il suono nasale ed infantile che assumerebbe l ’orchestra messa, diró cosi, coi sordini. Ma se i’orchestra eompletamente invisibile non èpossibile come la dimostrano non solo l’Opéra, [maj molti Tea- tri in Germania, e perfino Monaco e Bayreuth (ripeto completa- mentej tutte le modificazioni che farete sono puerili, non hanno nulla a fare coll’arte. 3& Alla vigilia dell’andata in scena di Aida, il 19 novembre 1871

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-428). 12) Lettera di Luigi Mancinelli a Giacomo Setaceioli, Meina 4 settembre 1917, in: MARIANI, Luigi Mancinelli cit., pp.79-80 e Epistolario, p. 321. 13) Lettera di Giuseppe Depanis a Luigi Mancinelli, 14 giugno 1901, in: Epistola- rio, pp. 198-200: 199. 14) Si noti tra le righe che Aida fu proprio la partitura verdiana piú frequentata da Luigi Mancinelli. Cfr. GALLIANO CILIBERTI, II repertorio del direttore' d’orchestra, in: Immagini e documenti, pp. 31-41 e MARIANI, Luigi Mancinel- li cit

, pp. 137-243. 15) Cfr. LUIGI MANCINELLI, “Marcia trionfale”, Ín: Cleopatra, n. 2 (II, 2 nel catalogo di Rossella Magherini. Cfr. ROSSELLA MAGHERINI, Catalogo delle opere di Luigi Mancinelli, in: Immagini e documenti cit, pp. 186-213: 192. 16) Cfr. MARIANI, Luigi Mancinelli cit., pp. 137-243. 17) Tra i tanti commenti valga il seguente: “Ella puó andarne glorioso di questo successo, in un paese straniero, e con un pubblico in generale poco entusiasta - Le assicuro che gli applausi furono strepitosi

I [gennaio] e Milano 22 febbraio 1895, in: Epistolario, p. 168. 22) Per una panoramica su Luigi Mancinelli nella critica musicale, cfr. BIANCA- MARIA BRUMANA, Lugi Mancinelli sugli scritti della stampa periodica co- eva, in: Immagini e documenti cit,, pp. 157-187. 23) Lettera di Giovannina Lucca a Luigi Mancinelli, 6 febbraio 1887, in: Epistola- rio, p. 112. 188

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e la rilettura del mito classico di Ero e Leandro, in: Immagini e documenti cit, pp. 41-60. 26) Cfr. LUIGI MANCINELLI, Priére des Oiseaux, in: Sogno di una notte d’estate (I, 4 nel catalogo di Rossella Magherini. Cfr. ROSSELLA MAGHERINI, Ca- talogo delle opere di Luigi Mancinelli, in: Immagini e documenti cit., pp. 186- 213: 191). 27) Si noti come, in modo assai significativo, Mancinelli preferisca il termine “me- lodista” a quello di compositore. 28) Lettera di Luigi Mancinelli a Giovanni Tebaldini, Roma

favversione nei suoi confronti dimostrata nella lettera citata. Cfr. MARIANI, Luigi Mancinelli cit., p. 231, 234, 238, 241 e 243. 31) Vedi sopra, nota n. 25. 32) Cfr. MARIANl, Luigi Mancinelli cit., pp. 137-243. 33) Cfr. LUIGI MANCINELLI, Paolo e Francesca (I, 4 nel catalogo di Rossella Magherini. Cfr. ROSSELLA MAGHERINI, Catalogo delle opere di Luigi Mancinelli, in: Immagini e documenti cit., pp. 186-213: 191). 34) Lettera di Luigi Mancinelli alla moglie, New York I dicembre 1899, in: Epi- stolario

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Questa seconda stagione novecentesca della fortuna verdiana a Bolzano è tutta compresa nell’arco di tempo che va dall’inizio degli Anni Cinquanta all’inizio degli Anni Sessanta e coincide, nonostante la preearietà delle strutture teatrali cittadine successive alla distruzione del “Verdi” nel settembre del 1943, con l’ultima fortunata stagione che la lirica, come spettacolo di larga fruizione popolare, abbia goduto a Bolzano nel corso della seconda metà del Novecento. Luoghi deputati di questi

un Otello nell’aprile del 1952 diretto da Armando La Rosa Parodi. 27 Se è ancora Rigoletto che sigla la fortuna novecentesca delle opere verdiane a Bolzano (Stagione lirica città di Bolzano, dicembre 1997, Palasport di via Resia), è spettato invece ad un memorabile allestimen- to del Simon Boccanegra diretto da Claudio Abbado alFinizio del giugno scorso inaugurare nel Nuovo teatro Comunale una nuova e intrigante stagione delFopera verdiana a Bolzano giusto nell’anno del centenario della morte

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alcune sue espressioni a mettere in campo il termine ambiguo e concettualmente spurio di “multi-verso”, l’antropologia fisica, ne- gando su basi rigorosamente scientifiche che vi siano differenze di razza e di struttura biologica tra i diversi membri della famiglia umana, restituisce dignità e credibilità al concetto di universalità quale totalità dei componenti della famiglia umana nelle loro peculiarità e nelle loro ineliminabili differenze di cultura nel senso di una diversa configurazione

delle molteplici collettività e dei numerosissimi rag- gruppamenti, nazionali, regionali, sub-regionali etnici, e ancor piú dei singoli Individui. Se l’idea di un’etica universale puó suscitare perplessità, la no- zione parallela di diritti universali ha trovato sanzione in alcuni do- cumenti importanti delle organizzazioni internazionali (ONU, UNESCO, OCSE ecc.), e si è ormai stabilmente accreditata anche se la loro concreta definizione e i metodi della loro eflfettiva tutela sono ben lungi

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GIACOMO FORNARI UN ‘EPIGONO’ DI GIUSEPPE VERDI: LUIGI MANCINELLI La figura di Luigi Mancinelli (1848-1921) violoncellista, direttore d’orchestra e compositore, si è imposta al centro delle cronache mu- sicologiche recenti, grazie all’uscita di diversi saggi dedicati ai piu disparati aspetti della sua attività artistica. Saggi che, sia pur seguendo linee scientifiche diverse, e talvolta opinabili, aiutano senz’altro lo studioso a mettere ordine ad una messe di documenti e di testimonian

un minimo di interesse da parte della musicologia nei con- fronti di questo artista. In realtà, una simile collocazione estetica all’interno della storia del repertorio musicale ha rischiato e rischia tuttora di offuscare altri luoghi ed altri momenti della sua pur sti- molante personalità. Certo, dalla parte del compositore di Orvieto sta la sua attenzione per la musica transalpina che, appunto, non puó dirsi esaurita con il teatro di Wagner, ma che conosce in Johannes Brahms un altro punto

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II concetto di “diritti fondamentali ,, esce allora fuori dairimpropria collocazione giuridica (il diritto, ogni diritto, non puo non esser positum), e rientra nella giusta collocazione teorica, di critica dialettica epperó negativa, dove si pone come strumento rego- lativo ed orientativo, nel senso che grazie a tale concetto possiamo, da un lato, capire di quanto e perché i diritti concreti, positivi, neghi- no l’istanza ideale e universale di una dignità umana e di una libertà- liberazione

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”, Madrid 17 dicembre 1914, cit. in: ANTONIO MARIANI, Luigi Mancinelli. La vita, Lucca, LIM, 1998, pp. 21-22. 5) Per la cronologia delle opere e dei concerti diretti da Luigi Mancinelli, cfr. MARIANI, Luigi Mancinelli cit, pp. 137-243 e Luigi Mancinelli (1848-1921). Immagini e documenti, a cura di Biancamaria Brumana, Galliano Ciliberti e Rossella Magherini, Perugia-Orvieto, Cassa di Risparmio di Orvieto, 1998, pp. 31-40 e 190-213. 6) Con “integrale”, si intende comunque secondo la revisione

, a cura di Antonio Mariani, LIM, Lucca 2000, pp. 59-60. Si noti, tra Paltro, che il rapporto tra i due compositori non doveva essere stato certo sempre cosi idilliaco se è vero che Wagner distrusse volontariamente una lettera inviatagli dal collega italiano. Cfr. GALLIANO CILIBERTI, Per un epi- stolario di Luigi Mancinelli, in: Immagini e documenti cit., pp. 115-156: 119. 9) Tra i brani in repertorio anche la Sinfonia in Mi bem. Magg. KV 543, da lui proposta in un singolare concerto a Madrid nel 1917

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la lingua tedesca era stata bandita. La stampa locale bacchettó queste intemperanze nazionalistiche richiamando il valore internazio- nale dell’arte e la vocazione cosmopolita di Merano, centro internazio- nale di cura. 20 Ma all’orizzonte si stava profilando una situazione politico-culturale radicalmente diversa. Se infatti nel corso delle prime stagioni teatrali nel nuovo teatro civico di Bolzano costruito e inaugurato a tempo di record durante la prima guerra mondiale e sul cui frontone era riportata

la scritta “Der deutsche Kunsf’, [Tav. n. 2] le opere italiane e segnatamente quelle verdiane venivano allestite rigorosamente in lingua tedesca (una Tra- viata ed un Trovatore agli inizi del 1921), la prima stagione lirica italiana a Bolzano, organizzata dall’impresa Pallaver nel giugno del 1923, venne inaugurata da un Rigoletto in lingua originale di cui era disponibile anche il libretto con la traduzione tedesca. Ma il pubblico di lingua tedesca disertó polemicamente la prima stagione lirica italia

- na divenuta suo malgrado ‘ostaggio’ di un’accesa polemica politica sulle colonne della stampa italiana e tedesca delTepoca. Dalla fine degli-anni Venti e poi lungo tutti gli anni Trenta e ancora fino al 1943, i teatri civici di Bolzano e di Merano organizzarono regolari stagioni liriche con opere quasi esclusivamente italiane scelte fra quelle che godevano del piú largo favore popolare. Trovatore, Rigoietto e Traviata furono le opere che maggiormente comparvero in cartellone seguite da Aida, dal Ballo

in maschera e da un’unica rappresentazione ciascuna delle due ultime e piu complesse opere verdiane, Otello e Falstaff. 21 A suggellare la consacrazione del Teatro Civico di Bolzano alla lirica italiana, ramministrazione comunale decise nel corso del 1937 di intitolarlo al nome di Giuseppe Verdi: “L’appellativo di civico non era mai andato giu a nessuna persona 35

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NOTE 1) Libreria Musicale Italiana, Lucca 2000. 2) Tutt’al piü si puó supporre che sia transitato a bordo di qualche convoglio ferroviario come è invece documentato per Wagner nel novembre del 1879, al suo rientro dal viaggio in Italia. 3) G. TONINI, II teatro musicale a Bolzano dal XVII al XXsecolo, Diss., Università Cattolica, Milano, A.A. 1979/1980; G. TONINI, II teatro musicale a Bolzano dal XVII al XX secolo, “II Cristallo”, XXIV (1982), nn. 1 e 2, pp.23 - 44 e 45 - 54. 4) “Fast

Zeitung, 4 giugno 1856. 5) Repertorio verdiano della Banda Civica di Bolzano: Rigoletto, Canzone e Qua- driglia; Attila, Ouverture e Cavatina; Macbeth, Marcia; Nabucco, Ouverture; Trovatore, Ouverture, Aria, Parade, Marsch; Ernani, Cavatina; Coro e Marcia non identificati. Cfr. G. TONINI, “Carissimo Giacomino...”: il bolzanino Jakob Johann Schgraffer allievo di composizione all Tmperial Regio Conservatorio di musica di Milano del maestro Vincenzo Federici, in “La musica a Milano, in Lombardia e oltre

e Mànnergesangvereine fra identità nazionale tede- sca e ’Musizieren', in “Accademie e società filarmoniche”, Atti del convegno, Trento 1998, pp. 277 - 283. 7) G. TONINI, II salotto musicale a Bolzano fra Settecento e inizi Novecento, “II Cristallo”, XXXI (1989) n. 2, pp. 117 - 124. 46

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Università degli Studi di Cagliari - Universitât Cagliari Istituto Regionale Ricerca Educativa della Sardegna Institut für Erziehungsforschung der Region Sardinien Accademia Europea di Bolzano - Europâische Akademie Bozen Istituti Pedagogici dell’Alto Adige - Pàdagogische Institute Südtirol Accademia di Studi Italo-Tedeschi - Merano Akademie Deutsch-Italienischer Studien - Meran III Colloquio internazionale di ricerca sul tema III. Internationales Forschungsgespràch über das Thema // vecchio

(Univ, Innsbruck und Brixen), Erna FLÖSS (Istitud Pedagogich ladin Bulsan), Fran- co FRABBONI (Univ. Bologna e Bolzano), Alberto GRANESE (Univ. Ca- glari), Gabriella LANERO (IRRE-Sardegna), Gian Piero LIORI (IRRE-Sar- degna), Luisa MARCI CORONA (IRRE-Sardegna), Mario MANNO (Univ. Palermo), Domenichina OLITA (IRRE-Sardegna), Sergio ORTINO (Univ. Firenze e Accademia Europea di Bolzano), Guntram A. PLANGG (Univ, Innsbruck), Rosa PIRAS (IRRE-Sardegna), Agostino PORTERA (Univ. Ve- rona), Laura PORTESI

(Istituto Pedagogico Bolzano), Jörg ROCHE (Univ. München), Adolf A. SCHURR (Univ. Regensburg), Luigi SECCO (Univ, Verona), Horst SEIDL (Univ. Roma), Carmen SIVIERO (Pàdagogisches In- stitut Bozen), Cesira VERNALEONE (IRRE-Sardegna) 226

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una rivoluzione spaziale gli elementi di accettazione o di rigetto dipen- dono, in primo luogo, dal tipo di innovazione tecnologica e, in secon- do luogo, dalla configurazione che le singole culture hanno assunto nel precedente spazio antropologico. Non tutte le culture si sono evo- lute in civiltà, non essendo state tutte in grado di approntare quel complesso di strumenti tecnologici innovativi che permettesse loro uno sviluppo in stadi successivi. D’altro canto, ogni civiltà contiene

ed esprime in sé molteplici culture di vario tipo e a vari livelli e ogni rivoluzione spaziale incide anche sulle singole culture. La specificità della rivoluzione dell’informazione è data dal fatto che le varie culture sulla terra entrano in stretto contatto tra loro in un modo prima sco- nosciuto. Cosi le moderne tecnologie svolgono un effetto globalizzan- te livellando molti aspetti delle varie culture, come pure un effetto individualizzante delle singole esperienze umane che vengono alfopposto

esaltate e valorizzate nelle loro specificità e unicità. Una rivoluzione spaziale dà vita a un nuovo ordinamento giuridico fondato su una forza giuridica originaria non mediata da leggi; un evento storico costitutivo, un atto di legittimità in grado di conferire senso alla legalità delle leggi successive. Dalla rivoluzione spaziale in atto si evince che il nuovo ordinamento giuridico si baserà su un io sovrano che compie atti di governo grazie alla nuova rete istituzionale. Dipenderà dall’umanità

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spesso concesso alla loro musa queste briciole del gran pranzo musi- cale. Piú accortamente il Terenzio ha notato che questa valutazione negativa diventa illegittima se non si considerano le ragioni di gusto legato a determinate situazioni storiche: ove Tinconsistenza di una tradizione popolare finiva di porre il musicista di fronte ai versi, sti- listicamente impeccabili, dei maggiori poeti del nostro Ottocento. A parte i soliti quattro maggiori operisti, è da vedere già in Mercadante

l’accusa fatta da Ciaikovskij a Busoni e Sgambati che si vergognavano di essere italiani, occultando nelle loro musiche sia pure un barlume di melodia, quale invece manifesta Martucci nella Canzone dei ricordi, sette canti su un poemetto lirico di Rocco Pagliara pieno di spunti decadentistici, A parte ció si andava accentuando Tincertezza del carattere originario della romanza da camera, ia sua ambiguità formale e contenutistica che tendeva ad iden- tificarsi con forme ibride di facile consumo, proprie

della musica leg- gera. Le composizioni di Robaudi, Campana, Palloni, Quaranta, Mili- lotti e Rotoli tendono al sentimentalismo stucchevole e sensuale, da cui si liberano invece i vari Caracciolo, Tosti, Denza e De Leva (un “epigono” per il Pannain) 7 con le loro composizioni meno proclivi al sentimentalismo. In Italia, colpevole od innocente che fosse, Taria da camera abi- tava ancora i salotti aristocratici (ormai in decadenza, dopo la fioritura risorgimentale che tanto favori la costituzione

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, promuovendo quell’indivi- dualismo che trova il massimo esponente in Paganini ed altresi susci- tando la vicenda apparentemente effimera di tanti “virtuosi”, utili se non altro allo scambio tra voci italiane ed europee; ma certo piu eonta l’attenzione cosmopolita nei confronti di una tradizione cameristica che si vuole in qualche modo aggiornare coi contributi quartettistici di Mozart, soprattutto di Haydn e di un certo primo Beethoven. Le ca- denze ed i prestiti del Classicismo, informati ad una cultura

città che infatti le esecu- zioni cameristiche della musica “tedesca” trovavano una prassi conso- lidata costume che si spiega coi coincidenti trionfi del melodramma “nazionale” che limitava soltanto ai soggetti l’incontro con la cultura europea. Ed era proprio questo suo primato a chiarire come la conce- zione melodrammatica e quella strumentale assumessero modi e sin- tassi sempre piú differenti e divergenti. Cosi lo scisma, certo presen- 80

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poli sotto la sua direzione, e con soddisfazione ne seriveva alla con- tessa Maffei: II successo d’Aida [...] fu franco, deciso, non avvelenato coi se coi ma... e colle vecchie frasi di Vagnerismo di Avvenire; di melopea etc. etc. II pubblico si è abbandonato alle sue impressioni ed ha applaudito. Ecco tuttol. Ha applaudito, e si [é] abbandonato anche a trasporti che io non approvo; ma infine Egli ha manifestato quello che ha sentito senza restrizioni, e senza arriére pensée! e sapete perché

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di gusto; sapeva di stantio lontano un miglio. Eppoi non era nostro. La scelta della figura del cigno di Busseto ci sembra quanto mai felice. 22 ” La città natale di Verdi donó al teatro di Bolzano un “busto del compositore opera dello scultore Vincenzo Gemito (1852-1929) che venne scoperto durante un coneerto verdiano commemorativo il 28 ottobre del 1938. 23 ” Le ricorrenze verdiane venivano regolarmente commemorate con manifestazioni musicali. Cosi a Bressanone il 1° febbraio 1926 nel

è stato piu volte riproposto nell’ambito delle stagioni concertistiche della Società dei Concerti di Bolzano: dicembre 1948, Nuovo Quartetto Italiano; aprile 1980, Quartetto Garcia; novembre 1983, Giovane Quartetto Italiano e all’inizio dello scorso mese di marzo 2001 dal Quartetto di Torino. Se è con Rigoletto che venne siglata nel maggio del 1943 la prima stagione novecentesca della fortuna delle opere di Verdi a Bolzano, è ancora con Rigoletto interpretato da Carlo Galeffi che nel secondo

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Zeitung aveva tuonato contro una compagnia operistica italiana ospite ‘rea’ di rappresentare a Bolzano opere italiane in italiano. Cfr. G. TONINI, La fortuna di Bellini nelle stagioni operistiche a Bolzano neU’800 e 900, “II Cristallo”, XXIX (1987) n.l, pp.85 - 92. 21) Sinossi delle opere verdiane rappresentate in Alto Adige. Legenda: BZ, Bolzano; MR, Merano 49

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in quegli anni Giovanni Berchet propu- gnava l’ideale di una ‘poesia dei vivi’, espressione della società in cui opera lo scrittore, che si contrappone ad una 'poesia dei morti\ che mira al recupero di idee, affetti e usanze appartenenti al passato: una poesia che per Berchet è priva di “spontaneità”. I romantici, cosi argomenta Berchet, non debbono già ‘imitare’ i classici, bensi orien- tarsi al loro modo assolutamente moderno di guardare la realtà, che puó servir loro di modello. La posizione

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tito ma non ancora denunciato dai corretti compositori di transizione prima elencati, si faceva evidente, relegando i pochi strumentalisti ad una pratica privata, ad una musica per pochi eletti, col rischio di uno scontato accademismo, di un formalismo preventivo e perció capace di provocare un decadimento deH’invenzione artistica. Se gli operisti, nella loro non sempre marginale produzione strumentale, non evitava- no intonazioni liricheggianti, gli autori unicamente strumentali corre- vano

il rischio di soggiacere all’ingenuo quanto sterile meccanismo dell’atteggiamento “colto” nonché di tutelare un’eredità storicizzata e normativa anziché tentare una innovazione spirituale. T migliori came- risti dell’epoca prerisorgimentale, da Giorgetti a Bazzini, erano ben coscienti della difficoltà di superare i loro predecessori ancora anco- rati alla comoda norma classicistica. E fu la conoscenza e la frequen- tazione del quartettismo beethoveniano a preparare un’intesa nell’Italia ancora ripartita

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o provinciali; fra di esse emerge [...] un Tristano rappresentato nientemeno che alla Scala nel 1923, del quale peró nessuno ricorda nulla” 58 ; al 1924 risale YOro del Reno (“dove le figlie del Reno furono liberate dai loro apparecchi di nuoto e si mossero ritmicamente su gradini”), al 1925 La Walkiria (in cui “la chiusura di un siparietto a scena aperta per creare una cornice piu intima per la discussione fra Wotano e la Walkiria, provocó un piccolo scandalo teatrale”) e al 1926 un Lohengrin (“gli

ambienti sono ridotti alle loro forme fondamentali piü elementari, cioé soltanto gradini e praticabili e tende mosse”) rap- presentati al Teatro Comunale di Basilea, mentre “i capi dello stile convenzionale di Bayreuth, guidati dal presidente della Fondazione svizzera per il Festival di Bayreuth, ottennero che alla rappresentazio- ne della Walkiria non seguissero quelle delle altre opere componenti la teatralogia dei Nibelunghi, come era stato progettato” 59 . 13

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