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Author: Bertanza, Giovanni ; Chiesa, Gustavo [Bearb.] / Giovanni Bertanza

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. (**) L’effetto di questa provvisione non soddisfece intieramente alle speranze del consiglio. Colle spontanee offerte non si raccolse la somma stabilita, e non en trarono nella cassa che circa tremila e cinquecento fiorini, troppo piccola somma per il bisogno. Ai 18 di Aprile i rettori del comune ordinarono ai soprastanti del presto pubblico, o monte, di pietà, consentendolo il consiglio, di consegnare nelle loro mani; tutto il danaro, che sì trovava in quella cassa,, eccettuati soli fiór. 500, che doveansi

conservare, per sopperire ai bisogni del monte stesso. (***) Questa disposizione produsse all’erario della città fiorini tremila all’incirca. La dispera zione; giacché non ci vuole meno di questa per ricorrere al mezzo di spogliare dei suoi danari un istituto còsi salutare quale è quello del pubblico presto ; la sola disperazione avea anche nei procellosi tempi delle anteriori,belliche vicissitudini dettato e fatto eseguire il divisamente, di prevalersi della pecunia di questo monte per supplice in parte

anche k con quella alle tanto enormi spese di allora; e il monte avea dati a quei giorni buone somme alla città. Non si dee però attribuire a questa cagione lo scadimento; in cui venne in progresso dì tempo questo istituto, e l’essere ora costretto apprendere un interesse esorbitante del danaro, che dà colla sicurezza del pegno; cosa tanto contraria al suo benefico scopo. Le somme levate dalla città avranno bene potuto cagio nargli qualche momentaneo imbarazzo nella continuazione regolare

{*) Protocollo civico dell’anno 1809 N. 460 e N. 472. (^ Protocollo civico anno 1809 N. 461. (***) lì). N. 462. Di quel tempo il Monte di p ietà di pendeva dal con siglio cittadino e i soprastanti a questo luogo pio erano soggetti in tutto a questo consiglio.

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Or le vie per Trento erano due, la valle dell’Adige, e la valle del Sarca; i difensori della Lagarina erano stati respinti dal monte Baldo e da tutto Poltr’Adige, ma fattisi forti d’un buon numero di Roveretani della città e dei contorni teneano guardata la sponda sinistra, e per gran fortuna il nemico li credeva in maggior numero e più forti di quello che erano; sicché di qua dall’Adige si trepidava per la difesa troppo debile, e di là si te meva per la creduta molto forte. Quindi lasciato

e pel monte Baldo, e pel Benaco trasse frettolosamente in Italia. Queste ritirate lasciarono orrende traccio sulPuna e l’altra via, e per conto nostro da isera fino a Brento- nico e Riva vedemmo lunga e straziante desolazione. ■ Il palazzo de' Castelbarco a Loppio fu distrutto, e vasti in cendi rovinarono, oltre ad Isera, le due borgate Mori e Nago. Aggiungiamo la notizia che le truppe amiche e nemiche ci rega larono i semi della peste che sviluppossi di poi, specialmente oltre l’Adige. Crediamo

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apparivano i danni reali ; e per cui anzi era tenuto in falsa credenza di utili, e del quale si giovarono alcuni sleali uffizìali del monte per farla più facilmente da ladri. Anche l'arrivo degli austrìaci si faceva pesantemente sentire sugli omeri della città. Il mantenimento sontuoso e più sibaritico, che militare, preteso dagli indiscreti uffizìali dei soldati ; il dovere somministrare a questi oltre le vettovaglie anche scarpe e stivali in buon dato, e il far loro rattoppare i laceri vestiti

militare, a carico, cioè dei co muni, che loro e il vitto, e per poco anche l’intiero vestito do vettero somministrare. Nè a ciò solamente si restringevano le spese, chè mille altre richieste continuamente facevansi e la città doveva pensare a provvedere a tutto. Era cosa ben naturale, che la pìc cola somma del volontario prestito e quella avuta dal monte di pietà, ed anche il poco danaro preso dalla cassa del cittadino ginnasio, per il solo importare di fiorini cinquecento, dovessero essere non solo

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Varcato il ponte sul Leno, si prendeva il cammino allora dirupato sul colle, ove adesso abbiamo la Madonna del Monte e per Corna Calda si calava alla Pieve di Lizzane, indi si traversava fino all'Adige e si correa costeggiando l’Adige stesso, sul lembo degli Slavini di Marco, proseguendo fino alla chiusa, non già per via ben tracciata ed agevolmente praticabile, ma per bistorti e ronchiosi passi, che domandavano la continua, lunga e lenta opera dei guastatori. Alla chiusa poi il passaggio

oltremodo astruso, dovendosi varcare quel monte alpestre con carriaggi ed artiglierie, previa sempre l’opera dei guastatori. È facile immaginare quale sterminio si faceva di quelle misere terre: ci volean almen dodici giorni! pensare le conseguenze di un ingombro si atroce di corpi, che scendevano l’un dopo l’altro. Finalmente ai 5 febbraio 1510 arrivava ad Innsbruck l’imperatore e i Roveretani mandavan tosto a domandare alleviamento alla disperata lor condizione, ma in risposta non ebbero che

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avvenuta nel 883 e raccontata negli annali di Fulva con queste frasi: «Un cerco monte nelle parti d’Italia, mossosi dal suo luogo, cadde nel duine Adige e ne fermò il corso ; onde quelli che presso Verona, e ne’ luoghi circonvicini allo stesso Nume abitavano, furono privi del vantaggio di esso, uno a che il duine medesimo per le mine del monte scaduto, scavandosi un passaggio, ritornò nel suo alveo. » + % Non entro in lotta qui per discutere più o meno aspramente se la mina accennata dal/Alighieri nel

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. S. Catterina s’era demolita per far luogo al Tor rione Basadonna, e solo più tardi ricostruita; s. Elisabetta con annesso un piccolo spedale era là ove adesso abbiamo il Monte dì Pietà, ma tanto era angusta, che a mala pena bastava ad al cune decine di cittadini. Nel 1446 si pensò a medicar tale difetto, e sotto il veneto Provveditore Giovanni Soranzo si fece con l’arciprete di Lizzana una convenzione, dove fra altro si stabiliva che l’arciprete facesse giornalmente celebrare i divini ufficii nella chiesa

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- 59 — traslocò presso la chiesa di s. Tommaso transpontina, e sostituito a piè del castello il nuovo Monte di Pietà, presso a poco nel me desimo posto ove adesso, dopo tanti anni e tante vicissitudini resta a salvamento di quegli infelici, che senza di questo sareb bero totalmente scarnificati da’ pochi usurai. Proteste. Prigionie. Peste. (1550). Verso quest’epoca, e precisamente nel 1545 un decreto im periale accordava ad un nostro concittadino Girolamo Savioli un privilegio per

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Verso questi tempi medesimi, e forse in conseguenza d’uno spirito di religiosità e di viva fiducia in Dio suscitata dalla terribile visita della peste, fu posta al culto pubblico la chiesa della Ma donna del Monte consacrata nel 1636 ed eretta la chiesa di San Carlo con annesso monastero ove si allogarono ' le Clarisse, fra le quali visse santamente suor Anna Maria, (che fu la contessa Sibilla Lodron) sotto la saggia ed edificante direzione di quella Bernardina Floriani roveretana, che noi oggi

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stanziarono guarnigioni romane fino dai primi tempi dell’impero ; dunque fin d’abora doveano essere case per abitare. Fondato per tempo il castello di Lizzana questo gruppo d’abitazioni- ne di venne una dipendenza. Sotto i Goti, i Longobardi, i Franchi non fu mai che eventuale stazione militare. Nell’883 avvenne la ruina del Monte, di cui restano gli slavini di Marco, ed è probabile che sì facesse un temperarlo allagamento da Marco in su, ma l’Adige s’aprì ben tosto il varco, e l’alluvione cessò. Verso

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der ragione a Latini, e a Teutonici al monte, e al piano in tutto il Comitato. Ecco un cenno di popolazione indigena, ma d’origine mista; e i nostri lettori volgeran forse il pensiero al parlare di Terra gnolo, di S. Sebastiano, ecc. 11 ponte Forbato sul Leno è dì quest’epoca, od almeno fu in quest’epoca rifatto solido, e stabile ov’è anche adesso, mentre prima varcavasi il torrente o a guado, o con provvisori! ponti celli, secondo le stagioni. Ma era troppo opportuno che si pian tasse uno

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punto tranquilli gli animi le sov versioni di stati in Germania, e più ancora in Italia, ove poteano dirsi il solo re di'Napoli, e in gran parte il pontefice, se non rassicurati, almeno Fiduciosi sui loro troni nelle lor capitali. Il Pie monte stesso, l’antemurale d’Italia dovette vedere la sua reai Torino, ridotta capitale d’un dipartimento francese. La repubblica Cisalpina risuscitata andava perdendo della sua nazionale indipendenza: prendeva bensì un più proprio nome chiamandosi Repubblica

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all’annunzio, che il francese generale Desinar muoveva di nuovo i soldati verso Roveredo, tutti i ri belli che vi si trovavano fuggirono, e il giorno stesso entrarono Ì francesi in città. Il generale progredì nella sua marcia sino sopra Calliano, e qui pose a campo i soldati. I ribelli stavano alla riva destra dell’Adige, e al monte si battagliò più o meno sparsamente sino al giorno 29, nel quale conoscendo i francesi, che i ribelli avevano già passato l’Adige a Serravaile, e che poteano adesso minacciar

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bavaresi già arrivati fino ad Innsbruck. Fu pei Roveretani gran ventura, che alcuni pochi terrieri tenessero un po’ di resistenza agli invasori, i quali entravano pel versante meridionale'del monte Baldo e si avvanzavano lentamente e sempre oltr’Adige disertando fieramente Nago, Mori, Manzano,' Pannone, Isera. Ma l’incendio di questa, mandava tremenda luce a Rovereto, ove per poco si teneano perduti. Credendo già vicini i Bavaresi, e vedendosi di fronte sterminatori i franco-ispani, ri posero

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all’impero, al vescovato, ai conti d’Arco, ai Liechtenstein : e de- terminossi il distretto roveretano col caste! Pietra, Volano', Rove reto, s. llario, Lizzana, Marco, Vallar sa, Terragnolo, Trambilleno, Sacco, Pederzano, Pomaroìo, Chiusole, coi territori corrispondenti. Un fatto che merita l’attenzione dei Roveretani è la stabile \ istituzione del Monte di Pietà, ridotto a! pieno compimento più \ tardo. Gli ebrei sempre vigilanti a’ propri vantaggi avean ridotte i nelle loro mani forti ricchezze

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erano ancor tollerati, perchè ricchi e prestatori di danaro, che sebbene dato ad enorme usura, era un momentaneo sollievo ai bisognosi; nè per anco v’era un istituto d’onesto prestito da sostituire agli usurai ebrei. Sorse allora quel beato Bernardino da Feltre, che ben cono sciute le circostanze del paese tanto disse, che finalmente il de siderato istituto di prestito fu piantato sotto il nome- di « Monte di Pietà» ed allora gli ebrei non ebbero più ragione d’essere qui,

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campo a Rovereto, e qui fermò l’audacissimo progetto di gettarsi al fianco, ed alle spalle del Catinat e costringerlo a retrocedere da Rioli, per non esservi rinserrato. E cosi fu. Guernito d’una mano di scelta gente il passo di monte Baldo, lanciò due corpi in Italia, l’uno per Terragnolo e la Borcola, Baltro per Vaifredda, e i monti Lessini. Non parea pur da sognarsi un passaggio per tali burroni,

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alcune parole sul civico spedale. Un vec chio ricovero pei poveri infermi, e pei pellegrini (gente a quei dì \ ancor venerata) c’era fino dal 1380 presso la chiesa di s. Maria | appiè del castello : dòpo il 1600 questo ricovero cesse i! luogo a \ un colai Monte di prestito, e fu trasportato oltre il ponte presso \ la chiesa di s: Tommaso: nel 1713 la confraternita dei ss,. Rocco e Sebastiano eresse un nuovo spedale presso la chièsa di s. Maria Lauretana, ma restò anche il ricovero di s. Tommaso

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del pontefice che non si peritò poi di affermare a Roma, che Rovereto avea gareggiato colle più grandi città nell’onorario e festeggiarlo. Ma intanto le disposizioni di Giuseppe II avean prodotto i loro effetti anche nella nostra città. Sconsacrate e pòi alienate furono le chiese di S. Tommaso (ora casa Sannìcole») e di S. Bar bara (adesso chiesa di S. Osvaldo, della famiglia Candelpergher) : f,u chiuso il santuario della Madonna del Monte (riaperto poi e s

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un grosso corpo de 1 suoi sale pel castello di Lizzana, e la Ma donna del Monte e copre tutta l’erta delle Laste, un altro guada il Leno, ed entra per la via di Sacco, e per le ghiaie ; mentre pel borgo di s. Maria entrava il centro dell’ armata repubblicana con Masseria e Rampon, cacciando a furia per le vie i pochi au striaci, che veduta Muntile resistenza corsero a salvamento verso Galliano, lasciando però in tutto quel clamoroso ingresso solo s,ei vittime, che sventuratamente vollero fare

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