si sta comodamente di rimpetto a guardare la cascata. Il teatro della cascata è un cratere profondo, cupo, che discen de ripidamente ad imbuto dall’alto della montagna fino al punto dove batte il salto dell’ acqua., Si direbbe un cratere scavato nel fìtto degli abeti, che lo rivestono tutto. Però i neri fianchi del monte appariscono nudi nel fondo, sparsi però, per tutta 1’ altez za del primo salto, di selci, di muschi, di licheni, d’ arbusti; co perti insomma da quella specie di rete vivente
gran coda di cavallo bianco. Una seconda marmitta, chi sa come profonda, raccoglie il fiume di nuovo, che ribollendo tumultuoso, sfugge da tutte le parti,. slanciando sbuffi di spruzzi, come getti di coriandoli, portati e dispersi dal vento. Eravamo al tramonto: il sole, con fasci di raggi che scatta vano dalla cima opposta del monte, tingeva di splendido verde gli abeti dalla parte nostra. L’ ombra già ricopriva 1’ abisso, e da va maggior risalto al candore delia cascata, la quale si perde nel
bosco, formando la rapida che si vede dal basso. Di qui invece l’occhio, sorvolando la foresta, sale su su a ritroso della Valle del Rabies, fino a posarsi sulle nevi che coprono le cime dei monti. Per finirla con un po’ di zoologia, anche qui, come dovunque al piano e al monte, dove usano cavalli e bestie bovine, i calori estivi portano il flagello che i Greci chiamavano nobilmente