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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 65 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
89) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 63 90) Ibidem. In proposito, bisogna ricordare che - nelle Osservazioni sul sentimento del Bello e del Sublime - Kant contrappone alle virtu autentiche le virtu adottive, fondate sui principi regolativi. Cfr. I. Kant Osservazioni sul sentimento del Bello e del Sublime, Milano 1989, trad. it. di Laura Lovati, p. 92. 91) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 70-73. 92) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, pp. 73-76. 93) Cfr. G. Deleuze

La filosofia critica di Kant, Bologna 1979, trad. it. Marta Cavassa, p. 117. 94) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 73-76. 95) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 77. 96) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 81. 97) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 82-86. 98) Cfr. G. Deleuze La filosofia critica di Kant, cit, p. 111. 99) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 152-153. Cfr. anche n. di Kant (sempre p. 152): «Si potrebbe chiamare il gusto sensus communis aesteticus

e l’intelli- genza comune sensus communis logicus.» 100) Cfr. H. Arendt Teoria del Giudizio Politico, ed. it. Genova 1991, p. 102. La Arendt ritiene che Kant avrebbe voluto scrivere una Critica del Giudizio Po- litico, dall’ambito ben distinto da quello morale: cfr. H. Arendt op. cit. p. 31. 101) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, pp. 150-151 102) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 172. 103) Cfr. O. Hoffe Immanuel Kant, ed. it. Bologna 1986, trad. it. di Sonia Carbon- cini, p. 225 sgg. 104

) Cfr. A. Guerra Introduzione a Kant, cit., pp. 182-192. 105) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 150. 106) Cfr. P. Martinetti Kant, cit., p. 230. 107) Sul tentativo di interpretazione di Kant operato da J. Rawls (Cfr. J. Rawls Kantian Constructivism in Moral Theory in Journal of Philosophy, LXXVII, 1980, p. 515 sgg., e Una teoria della giustizia, Milano 1982, trad. it. Umberto Santini, rev. Sebastiano Maffettone) cfr. le efficaci critiche di Sergio Landuc- ci: cfr. S. Landucci Sull’etica

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 64 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
di diritto e società civile, cit., pp. 191-193 e n. (si tratta dell’esordio del primo supplemento della Pace perpetua). Sull’argomento, cfr. A. Guerra Introduzione a Kant, Roma-Bari 1980, p. 178 e n. 64) Cfr. G. B. Vico Vita, p. 36. Cfr. anche G. B. Vico De antiquissima italorum sapientia, cit., p. 63 e Principi di Scienza nuova (1744) p. 550 sgg. 65) Cfr. G. B. Vico Principi di Scienza nuova (1744), cit., pp. 463-469. 66) Cfr. G. B. Vieo Sinopsi del diritto universale, cit., p. 16. 67) Cfr. G. B. Vico

Principi di Scienza nuova (1725), p. 177. Sulla Divina Provvi- denza come motore e senso della storia, cfr. G. B. Vico Principi di Scienza nuova (1744), p. 408. 68) Cfr. G. B. Vico Principi di Scienza nuova (1725), p. 189. 69) Cfir. G. B. Vico De antiquissima italorum sapientia, cit., p. 72. 70) Cfr. G. B. Vico Principi di Scienza nuova (1725), p. 173. 71) Cfr. P. Martinetti Kant, Milano 1974, pp. 225-226. 72) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, ed. it. Roma-Bari 1982, trad. it. di Alfredo Gargiulo

, pp. 18-20. 73) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 13-14. 74) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 19. 75) Cfr. P. Martinetti Kant, p. 215. 76) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 19-20 e 26-27. In proposito, cfr. P. Martinetti Kant, pp. 215-217. 77) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 16 sgg. 78) Cfr. W. Tatarkiewicz Storia di sei idee, trad. it. Olimpia Burba e Krystina Javorska, Palermo 1993, p. 365. 79) Cfr. P. Martinetti Kant, cit., p. 244. 80) Cfr. I. Kant Critica del

Giudizio, cit., p. 40. 81) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, p. 36. 82) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, pp. 36-37. 83) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, pp. 43-90. Sui quattro momenti del giudi- zio di gusto, cfr. A. Guerra Introduzione a Kant, cit., p. 149 sgg. 84) Cfr. P. Martinetti Kant, cit, p. 252. 85) Cfir. I. Kant Critica del Giudizio, cit, p. 43. 86) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, p. 44 sgg. 87) Cfr. 1. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 53. 88) Ibidem. 47

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 58 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
tica kantiana, vissuta nella consapevolezza dello scarto fra aspirazione all’universale ed esperienza del particolare, ha una valenza autentica- mente «copemicana», escludendo dal giudizio di gusto qualsiasi rife- rimento al metafisico concetto di perfezione, attribuendo al tempo stesso un preciso riferimento all’esistenza e alla sensazione, coerente- mente con Fetimologia greca del termine «estetica» rispettata da Kant fin dalla stesura della Critica della Ragion pura(91). Di conseguenza l’uso

regolativo dell’ideale della bellezza non deve essere ricavato attraverso una fondazione extraestetica, per esempio attraverso l’identità con l’idea di Buono e lo scopo finale oggetto della ragione praticamente legislatrice. È vero che Kant afferma il Bello essere sim- bolo del bene morale(92). Ma sembra in proposito aver ragione Deleu- ze, il quale in proposito afferma che «il senso del bello non è una pereezione confusa del bene, ché non c’e, tra il bene e il bello, alcuna relazione analitica, ma una

relazione sintetica secondo la quale l’interesse del bello ci dispone ad essere morali, ci destina alla mora- lità.»(93); il giudizio estetico - pur tendente alla concettualizzazione - deve essere fondato nell’esistenza, e non neiriperuranio(94). Non per niente Kant parla del Bello non come un’idea, ma come l’ideale rego- lativo attraverso cui dirigere la propria azione creatrice. Scrive infatti Kant che «quel prototipo del gusto, che riposa certamente sull’idea indefinita di un massimo fomita dalla

ragione, e che non puo essere rappresentato mediante concetti, ma soltanto in una esibizione singola, sarebbe chiamato meglio l’ideale del bello; un’ideale che, se non lo possediamo ci sforziamo di produrlo in noi»(95). Nella misura in cui «riposa certamente sull’idea indefinita di un massimo fomita dalla ragione», l’azione creatrice si traduce in un continuo approccio alla razionalità, e di conseguenza alla moralità(96). Lo stesso senso comune è un ideale: esso, oggetto del quarto ed ultimo momento

del giudizio di gusto (secondo la modalità del piace- re), nasce dalla tensione insita in esso fra la soggettività da cui scatu- risce e l’universalità - portatrice del corollario della comunicabilità - verso cui è diretta(97). Appare interessante ció che in proposito scrive 41

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 46 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
filologo è quella di dire che in esse debbon potersi rintracciare i segni della Verità. Questo debbon, infatti, significa nella visione vichiana, come già visto, la coscienza del certo, oggetto della filologia: secondo Vico, infatti, «La filosofia contempla la ragione, onde viene la scienza del vero; la filologia osserva l’autorità dell’umano arbitrio, onde viene la coscienza del certo»(25). L’importanza per lo studioso di filosofia della politica di questa concezione vichiana è evidente

, se solo si pensi che ia Scienza Nuova del 1725 si apre fondando il diritto naturale delle nazioni sul senso comune{26). E’ una concezione che ai giomi nostri sembra rinascere a nuova vita; recentemente l’economista Ser- gio Rieossa, mistico piu che teologo deireconomia di mercato, ha riproposto il valore fondativo del senso comune, ribattezzandolo sem- plicemente buon senso: «’cercó tutta la vita di essere un economista, ma il buon senso continuó a tormentarlo’. L’epitaffio, che Meade dice di essersi

scelto, non mi convince del tutto: il buon senso non tormen- ta alcuno, temo; bisogna corrergli dietro e pregarlo insistentemente che si occupi di noi e non ci lasci in balia della ragion pura, la quale ci droga il cervello»(27). Non per niente Ricossa si richiama esplici- tamente a Vico allorché scrive nella medesima sua recente opera che: «E’ irrazionale voler sempre razionali. L’uomo razionale tende a para- lizzarsi da sé. L’uomo d’azione non puó essere razionale oltre misura, se non in forma

primitiva, istintiva. Gli imprenditori sono i ’bestioni’ di fantasia ’corpolentissima’ che Vico elogia nella Scienza Nuova. La pianificazione, sogno di razionalità, resta un sogno»(28). Nella Scienza Nuova del 1725 Vico determina i tre sensi comuni del genere umano, che altro non sono che le idee uniformi di cui si è già parlato: «primo, che vi sia provvidenza; secondo, che si facciano certi figliuoli con certe donne, con le quali siano almeno i principi d’una religion civile comuni, perché da’ padri

e dalle madri, con uno spirito, i figliuoli si educhino in conformità delle leggi e delle religioni tra le quali sono essi nati; terzo, che si seppelliscano i morti»(29). Nell’importantissima sezione dedicata al Metodo della Scienza nuova del 1744 Vico, in nome del certo dell’autorità, ribadisce l’importanza 29

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Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 166 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
», nell’impalcatura geometrica della scultura compiuta. E non parliamo di Goya, di certi suoi «sondaggi» del profondo fatti emergere alla luce della forma pittorica, quando perfino in David, per completare la gran- de triade contemporanea, il ricorso all'antico, fonte di esortazione a forti virtú civili, si ammanta di innegabile impeto di calda passione. Certo, se ci spostiamo piú avanti, non par in alcun modo controver- tibile il peso assunto dal pensiero vichiano nel costituirsi del gusto e nella formulazione

della prassi artistica del Romanticismo. Già, del resto, un Hamann, schierato contro ogni razionalismo e anzi addirit- tura definibile «il rappresentante piu puro dello ’Sturm und Drang’»(6), aveva sostenuto come spontaneità e fantasia siano tutto nell’arte, quasi parafrasando, in fondo, una proposizione vichiana: «le vere sentenze poetiche debbon essere sentimenti vestiti di grandissime passioni»(7). Di dncalzo lo Herdel, del resto iniziato dallo Hamann alla lettura dell’Ossian, esalta

la schiettezza del canto popolare e riconosce ormai apertamente «il carattere originario dell’arte nella barbarie anziché nella civiltà»(8). Posizione che, portando fatalmente all’esaltazione del Medioevo, spiega l’amorosa, immediata riscoperta, ad opera del Goethe e proprio sulla scia tracciata dai due precursori, dell’architettura «gotica»: non piú considerata rozza e volgare ma capace di reale bel- lezza. Pensiamo al saggio goethiano sulla Cattedrale di Strasburgo(9) che, movendo dal ribadire

l’indipendenza da ogni regola, giunge ad affer- mare «il valore sublime dell’arte, il carattere creativo del sentimento»: inizio sicuro di quel cammino che, in un crescente anelito di libertà spinto agli esiti di una drammatica «deregulation», approda al mito 149

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Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 45 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
dei letterati dltalia (articolo X)(20), il filosofo napoletano contrappo- ne, al metodo geometrico, la retorica come stmmento di invenzione, come luogo dove si sperimenta la convergenza del vero col fatto. In questa circostanza, Vico cita come proprio punto di riferimento il Tractatus de veritate di Herbert di Cherbury. Sempre nella Risposta, Vico dice della topica «chc questa è l’arte di apprender vero, perché è l’arte di vedere per tutti i luoghi topici nella cosa proposta quanto mai ci è per

farlaci distinguer bene ed aveme adeguato concetto; per- ché la falsità de’ giudizi non altronde proviene che perché l’idee ci rapprcsentano piu o meno di quelio che sono le cose: del ehe non possiamo star certi, se ne possano giammai proporre. Che è la via che tien l’Erberto nella sua Ricerca della verità, che veramente altro non è che una topica trasportata agli usi dei fisici sperimenta!i.»(21). Quel- 10 che qui interessa sottolineare, è che Vico ritiene. come lo stesso Herbert di Cherbury, che

la topica riveli la coscienza del certo, che si manifesta nel senso comune. «Gli uomini che non sanno il vero delle cose proccurano di attener- si al certo, perché, non potendo soddisfare rintelletto con la scienza, almeno la volontà riposi sulla coscienza»(22). Questo passo della Scienza nuova del 1744, oltre a sottolineare l’importanza del certo come dimensione fondativa della coscienza - come già visto nel già citato passo della Sinopsi del diritto universale - introduce la trattazio- ne vichiana del

senso comune. Secondo la nota definizione contenuta nella Scienza nuova del 1744, «II senso comune è un giudizio senz’alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il getier umano»(23). Per Vico il senso comune non sembra essere un criterio regolativo, bensi uno stmmento per il rivelarsi della Verità. Vico è convinto che 11 senso comune non sembra essere un criterio formale, ma che sia inscindibile dal suo contenuto: «Idee uniformi

nate appo intieri popoli tra essoloro non conosciuti debbon avere un motivo comune di vero.»(24). II senso comune scopre il senso riposto della storia, sco- prendo le idee uniformi che in essa sono presenti. La funzione del 28

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Filosofia, psicologia
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1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 139 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
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Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
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Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
Ritorno alla prisca sapientia ? Riguardo al tema «Metafisica e storia» va rilevato che nel 1710 Vico presenta la metafisica vera come soluzione dei problemi del suo tempo e contemporaneamente come Fantica sapienza degli Italici. La vera filosofia c’era dunque da sempre, è stata solo falsificata da non- comprensione e dunque va ripristinata nella sua purezza. Una simile posizione si puó riscontrare a volte nel medioevo e spesso nel rinasci- mento: è la dottrina di una prisca theologia, di una

sapienza iniziale, cosi come la concepi per esempio il giovane Cusano rifacendosi ai testi antichi di Hermes Trismegistus. Anche la metafisica di Vico del 1710 si presenta come «sapienza antica», ma Tautore a cui si rifà è Zeno, una figura del Parmenide platonico, dunque Vico non la cerca in Egitto bensi presso gli antichi Italici, in particolare presso gli Etru- schi, quali fondatoii della cultura e lingua latina. Per lo sviluppo del pensiero vichiano e con esso di un nuovo modo di concepire la storia

fu decisivo l’abbandono di Vico, dopo il 1710, di questa idea della sapienza iniziale. Egli si stacca cosi dai propri presupposti. La prisca sapientia gli era servita a tacciare la filosofia aristotelica scolastica di storpiatura della tradizione vera; essa poneva la metafisica neoplatonica d&WUno alle origini del pensiero umano; considerava la dottrina del logos un possesso primitivo di tutta l’umanità e favoriva Tidea che le verità filosofiche cristiane fossero coeve al pensiero umano stesso

. II concetto della prisca sapientia aveva portato infatti ad una vasta uniformità della storia del pensiero ma non era piú sostenibile dal punto di vista storico-filologico. Cor- reggendolo, Vico fondó una nuova coscienza storica: alTinizio della storia delTumanità non sta la perfezione. L’umanità ha dovuto com- piere un percorso lungo e faticoso; ciò che pensiamo oggi non è stato affatto pensato fin dall’inizio; perció anche in futuro si presume che si penserà diversamente. Unicamente Dio è in possesso

del definitivo. Ne consegue la chiara rinuncia di Vico al concetto della sapienza piú antica del popolo italico, cosi come Platone ed il suo «Parmeni- de», i neoplatonici e la tradizione eraietica abbandonano nella conce- 122

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Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 49 di 204
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Descrizione fisica: XI, 181 S.
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Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
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ne degli uomini d’intomo alle umane necessità o utilità, che son i due fonti del diritto natural delle genti»(43). Le scelte dell’umano arbitrio sono altrettante occasioni per l’azione della Divina provvidenza; e non si comprende perché Emesto Grassi scriva che a suo avviso «È (...) impossibile dedurre l’apertura ad un pensiero religioso ’cristiano’ deii’occasione, quale forma originaria nella quale si manifesta l’appello abissale al quale risponde la storicità tragica del presente

della tradizione: «Tal divina architetta - scrive Vico - ha mandato fuori ii mondo delle nazioni con la regola della sapienza volgare, la quale è un senso comune di ciascun popolo o nazione, che regola la nostra vita socievole in tutte le nostre umane azioni cosi, che facciamo acconcezza in ció che ne sentono comunemente tutti di quel popolo o nazione. La convenienza di questi sensi comuni di popoli e nazioni fra loro tutte è la sapienza del genere umano»(49). In questa visione - per quel che

riguarda la filosofia della storia, ma anche la filosofia morale e politica del filosofo napoletano - il senso comune ricopre lo stesso ruolo che nella gnoseologia del De antiquissima svolgono i punti metafisici{50): quello di raccordo fra realtà sensibile e realtà sovrasensibile, e insieme di superamento dell’unilateralità e deila limitatezza, alla ricerca di un Ordine superiore a cui aspirare e verso il quale tendere. In Dio (e non a caso questa è la conclusione del De antiquissima) l’identità fra

vero e fatto diventa perfettamente com- piuta(51). Per Vico non merita il nome di filosofo chiunque non accetti quale presupposto del proprio filosofare l’esistenza di Dio e l’idea della Divina Provvidenza(52). II filosofo napoletano, convinto del fatto che 32

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Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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effetti deile naturali apparenze e ne fa immagini luminose per abbacinare...co’ loro lampi le menti e...accendere gli affetti umani»(3). In altre parole e con maggior chiarezza, «il niuno o poco uso del raziocinio porta robustezza de’ sensi; la robustezza de’ sensi porta vivezza di fantasia; la vivida fantasia è l’ottima dipintrice delle imma- gini che imprimono gli oggetti de’ sensi»(4). Tale apertura porta ad una visione affatto nuova della «Storia»: i primi popoli, quasi fanciulli del genere

umano, fondano quello che potremmo chiamare il mondo delle arti; seguono i filosofi, e dopo lunga età, atti a gettare le basi del mondo delle scienze. Ora, il pensiero vichiano non sembra aver avuto, nell’immediato, molta fortuna nel campo delle arti: cosa logica e prevedibile se guar- diamo al filone piú rigoroso del pensiero illuminista e della successiva predicazione neoclassica, ossia ai Neoclassicismo solo quale revisione critica, su basi razionali, deU’esuberanza e della passionalità «baroc

- che» o delle leziosità sentimentali del «rococó», in forza di un salutare recupero delle forme e del linguaggio, appunto, propri del Classici- smo. Ma se miriamo piú a fondo, ben sotto la vantata ricerca dell’astratta compostezza del «bello ideale», proprio nello stesso Win- ckelmann, indiscusso profeta di quel «dogma», nel suo entusiasmo fondamentalmente ingenuo e acritico per il mondo greco, da lui piú «inventato» che, in realtà, «conosciuto», incontriamo elementi di un trasporto affettivo per

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Descrizione fisica: XI, 181 S.
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Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
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ID interno: 103866
Lo spazio politico sernbra potersi inscrivere nell’estetica, almeno nell’abisso logico che separa l’Ordine dal consenso. Quale relazione puó instaurarsi fra questi due termini, allorché le piú autentiche fonda- zioni della sfera del Potere rimangono inindagabili dall’Intelletto e dalla Ragione? Come si puó porre in relazione l’ideale dello Stato derivato dal contratto originario, con l’origine effettiva dello Stato, derivato dall’incontro e dallo scontro degli egoismi(106)? Ricercare

la soluzione di questi problemi nell’etica kantiana, come è stato strumentalmente tentato da un aedo della democrazia quale John Rawls, produce solo delle incomprensioni e delle forzature nell’interpretazione deU’imperativo categoiico(107); e la ricerca di una fondazione «nobile» della mitologia della democrazia non puo giusti- ficare alcuno stravolgimento del pensiero di un filosofo. Di contro, l’estetica kantiana - senza attribuire all’Ordine alcuna valenza arche- tipica - potrebbe fomire ad esso

l’attribuzione di un contenuto quale la tensione infínita verso la razionalità, pur non obliando la natura fenomenica in un mondo che è portatore - weberianamente - del peso del disincanto. E proprio questo peso, che è il peso del nichilismo, ripropone l’attualità di un pensiero che riscopra la presenza del destino nella storia. E, come ha affermato Emst Jiinger, «Bisogna tuttavia convenire che, come ai tempi di Kant si esplorava l’universo della conoscenza cosi oggi incominciamo ad esplorare l’universo

dell’essere, del destino e del carattere. Sono due stili di pensiero diversi, e spesso anche contrapposti come il giomo e la notte»(108). NOTE 1) Cfr. G. B. Vico De Antiquissima italorum sapientia, in G. B. Vico, Opere Filosofwhe, a cura di Paolo C ristofolini, Firenze 1971, p. 62 sgg. Per la pole- mica anticartesiana, cfr. G. B. Vico, Vita, in Opere Filosofiche, cit., p. 14 sgg. 2) Ibidem. 3) Cfr. G. B. Vico Principi di scienza nuova (1744), in G. B. Vico, Opere Filo- sofiche, cit., p. 441. 44

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 43 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
certo, infatti, è criterio che orienta la ragione nella mutevolezza degli avvenimenti, a differenza del vero, fondato sull’etema coincidenza fra ordo rerum e ordo idearum(ll). II filosofo napoletano ritiene impor- tante tanto affermare la distinzione fra i due concetti, quanto negame la contrapposizione: verum e certum sono entrambi manifestazioni della unica ragione. Quello che qui interessa notare, è che in campo giuridico-politico il certo ha una sua propria manifestazione: l’autorità

. Descrivendo nella Sinopsi del diritto universale il percorso seguito nel De universi iuris uno principio et fine uno di sé Vico cosi scrive: «Stabilito l’un principio delle ieggi e della giurispmdenza - la ragio- ne - passa all’altro, che è l’auttorità, e [mostra] che l’auttorità è forma del certo, come la ragione è del vero; talché l’auttorità sia parte della ragione, come il certo la è del vero: onde deono sopportarsi i tiranni, i quali sono pur ordinazione di Dio, perché pur sotto quelli si ha il certo

regioni del pensiero, questo si sarebbe spezzato nelle individualità singole. Poiché peró il concetto dello Stato costituisce cosi essenzialmente la natura degli individui, esso è in loro come un istinto di tal potenza che quelli, quando non fosse che nella forma di finalità estema, son costretti a tradurlo in realtà oppure a contentarsene cosi, o se no dovrebbero perire. II pessimo fra gli Stati, quello la cui realtà conisponde meno al concetto, in quanto esiste ancora, è ancora idea; gli individui

obbediscono ancora a un concetto che esercita il potere»(13). L’autorità come forma del certo è presente sempre nelle coscienze degli individui. Essa è un valore che manifesta la razionalità, prescin- 26

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 48 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
infiniti; lo che certamente è falso di fatto»(34). La filosofia della storia è campo d’indagine espressamente destinato alla dimensione del cer- to. Essa deve dimostrare la presenza del disegno divino nel secolo, e, insieme, deve provare la provvidenzialità degli ordinamenti politici. Tali risultati vengono ottenuti sottolineando da una parte la sponta- neità con la quale gli uomini realizzano i loro ordinamenti, e, insieme, la necessità che motiva tali realizzazioni(35). In realtà, a volte

utili i giuristi che i filosofi(37). Infatti, grazie al conato, principio metafisico che è nel corpo, ma non è del corpo(38), il sentimento del pudore fonda insieme la religione, il di- ritto naturale e la riverenza per il senso comune, che solo gli arroganti destinati ad essere colpiti dalla pubblica riprovazione negano(39). Ma ancora piú importante appare la subordinazione della filosofia alla topica, fondata dalla Provvidenza stessa per garantire l’indipendenza del conoscere dal giudicare

(40). A tal proposito bisogna chiarire che se il Genio poetico è dono di Dio, la topica di cui il poeta fa uso è frutto di quelle idee uniformi in cui il senso comune si sostanzia(41). II diritto e la poesia appaiono nella costruzione vichiana quelle mani- festazioni del certo ordinate dalla Divina Provvidenza per soccorrere la natura umana, corrupta, labefactata a causa del peccato origina- le(42). Per Vico, l’uomo è dotato di libero arbitrio, ma è indebolito dal peccato originale; accanto alla Grazia

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 41 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
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Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
DARIO BARBIERI VICO E KANT: DUE VISIONI POLITICHE, DUE ACCEZIONI DI «SENSO COMUNE» II percorso di G. B. Vico incrocia sovente la via maestra del razio- nalismo del XVII e del XVIII secolo, ma non arriva mai a confluirvi fino alla identificazione. Preoccupazione costante nell’opera del filo- sofo napoletano è quella di individuare uno spazio in cui il paradigma - attraverso cui la rivoluzione scientifica era stata generata e si stava compiendo - non instaurasse il proprio assoluto dominio. Tale

è lo spazio delle scienze umane, scienze deila esperienza vitale in ogni sua manifestazione. Come è noto, questo è l’ambiente in cui il verum coincide con il factum. Questa coincidenza, contro il dogmatismo razionalista cartesiano, è l’unica possibilità per un’idea di essere chia- ra e distinta. Vico non nega l’esigenza centrale del pensiero cartesia- no, ma ne ridefinisce essenza ed ambito(l). Da sottolineare è il fatto che Vico compie tale operazione senza schierarsi contro la ragione o contro

le discipline scientifiche; al contrario, egli ritiene che attraverso la creatività, l’uomo si riscatti dall’impossibilità di conoscere le essen- ze metafisiche, che sono solo nella mente del Creatore(2). La coinci- denza fra verum e factum rende la scienza umana imitazione della scienza divina. Per questi motivi, la poesia acquista nella costruzione vichiana un’enoime importanza: «II piú sublime lavoro della poesia - scrive il Filosofo - è alle cose insensate dar senso e passione»(3). L’im- possibilità

di conoscere le verità eteme costringe l’uomo ad operare una donazione di senso, e la poesia ne è lo stmmento. Grazie alla poesia l’uomo ha la possibilità di provare passione per il senso da lui creato ed attributo alla realtà. E la stessa possibilità di costituzione delle nazioni e dei loro ordinamenti politici è da rintracciare nella poesia, è inscindibile dall’opera dei poeti teologi: come si puó leggere in quella sezione quinta della Scienza Nuova del 1744, significativa- 24

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Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 56 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
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Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
dell’esposizione dei quattro momenti del giudizio di gusto attraverso i quali si scandisce VAnalitica del Bello(83), culminante nell’ideale della bellezza. La comprensione del significato di questo concetto potrà chiarire se il giudizio estetico è propedeutico anche ad una filo- sofia della politica e se puó contribuire - fondato com’é nella sogget- tività - a rinvenire un oggettivo punto di riferimento per l’azione dell’uomo. Un’indagine siffatta deve tener presente, comunque, che sarebbe

un errore credere che il giudizio estetico sia un giudizio logico intuitivo, allo stato confuso: rispetto al giudizio teoretico, il giudizio estetico ha una sua specificità(84). Kant non esclude che nel giudizio estetico l’immaginazione venga «forse» congiunta all’intelletto(85); ma al filosofo di Königsberg sem- bra principalmente interessare, oltre al ruolo che l’immaginazione svol- ge, oggetto com’é del giudizio riflettente privo dei concetti, la congiun- zione con il sentimento soggettivo di piacere

e di dispiacere: cosicché, nel primo momento del giudizio di gusto (secondo la qualità), la facoltà di giudizio sembra del tutto inscritta nella soggettività. A1 contrario, secondo Kant, v’e uno scarto fra il sentimento di piacere e di dispiacere e l’interesse(86). II giudizio di gusto secondo la qualità ha per oggetto il piacere disinteressato immanente all’oggetto rappresentato, che è cosa assolutamente diversa dal piacevole soggettivo che viene dal concetto del Buono. Successivamente il giudizio di gusto

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 140 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
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Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
zione vichiana la loro atemporalità mitica e diventano databili e stori- camente localizzabili. Cosi il rapporto tra metafisica e storia entra in uno stadio nuovo e piú critico. Tratti fondamentali della metafisica Nel Liber metaphysicus Vico sviluppó una vera e propria riforma della metafisica. Egli dimostró che cosa significhi ripensare i concetti fondamentali di essa tenendo presente l’assioma verum etfactum con- vertuntur. Considerando che la teoria metafisica del punto domina la teoria

dclle scienze di Vico e che la matematica mutua dalla metafisica proprio quel concetto del punto ed inoltre che l’etica, partendo dalla metafisica del punto, formula l’ideale del saggio, risulta chiaro che la metafisica di Vico del 1710 costituisce un sistema e non soltanto il suo schizzo o progetto. La metafisica viene proposta come origine della matematica, della fisica e della morale, e configura nuove regole per definire il suo rapporto con matematica e fisica. L’assioma verum et factum

convertuntur favorisce la riflessione sul mondo storico e sul mondo sociale - ma non come cose in sé ma come realtà espresse dalla lingua e regolate dall’ordinamento giuridico. Dopo il 1710 questa ri- flessione ha costretto Vico a rivedere le sue precedenti convinzioni: il suo interesse si allarga all’esame della lingua, della concezione del mondo, alle abitudini di vita, alle sue interpretazioni, di cui la meta- fisica e la fisica costituiscono soltanto una parte. Nuova scienza In eonclusione accenniamo

al problema del contesto della Scienza Nuova. Anche essa non è un blocco astorico e rigido, anche essa si è sviluppata dal 1724 al 1744 e con grande fatica, come Vico spesso rileva. Ora la nuova scienza è la metafisica vera, mentre la metafisica di ieri era troppo fisica; la nuova scienza è la metafisica della mente umana. Un ulteriore risultato della Scienza Nuova è la convinzione che il piü antico non è piü il perfetto; l’antichità, la razionalità filoso- fica e giuridica stessa sono diventate e non

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 42 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
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Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
mente intitolata Politica poetica, i poeti teologi, i primi sapienti capaci di operare - grazie alla fantasia - la donazione di senso, sono coloro che «contemplarono Minerva con l’idea di ordine civile, ( ); e ne restó proprietà etema: che l’ordine dei migliori è la sapienza delle città»(4). Attraverso la metafisica poetica la robusta fantasia dei pri- mitivi sperimentó Feffettualità dell’autorità e del dominio: «Perché - come scrive Vico - quel vero di metafisica ragionata d’intorno

all’ubiquità di Dio, ch’era stato appreso con falso senso di metafisica poetica... Iovis omnia plena, produsse l’autorità umana a quelli giganti ch’avevano occupato le prime terre vacue del mondo, nello stesso significato di dominio, che ’n ragion romana resto certamente detto ius optimum»(5). La metafisica poetica, quindi, legittima con la pro- duzione di miti l’occupazione dei territori, che diventano l’ambito dell’esercizio dell’autorità e del dominio(6). L’importanza di questi aspetti è stata

sottolineata da Carl Schmitt nei suo capolavoro, II nomos della terra, dove si puó leggere quanto segue: «Questo fondamento primo, legato al suolo, nel quale si radica ogni diritto e nel quale confluiscono spazio e diritto, ordinamento e localizzazione, è stato ben osservato da grandi filosofi del diritto. II primo diritto, afferma G. B. Vico, gli uomini lo ricevettero dagli eroi nella foraia delle prime leggi agrarie. Secondo Vico la suddivisione e delimitazione del suolo - la ’divisione dei campi

di giustizia nell’ambito del diritto internazionale: guerra ingiusta è quella che mira a far sparire uno Stato annettendone il territorio(lO). Per tomare a Vico, bisogna sottolineare come nella sua costruzione teoretica è fondamentale la sua distinzione fra verum e certum: il 25

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 62 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
4) Cfr. G. B. Vico Principi di scienza nuova (1744), cit, p. 553. 5) Cfr. G. B. Vico Principi di scienza nuova (1744), cit, p. 515. 6) Cfr. G. B. Vieo Principi di scienza nuova (1744), cit, p. 557. 7) Cfr. C. Schmitt II nomos della terra, ed. it. Milano 1991, trad., it. di Emanuele Castrucci, p. 26. 8) Cfr. C. Schmitt II nomos della terra, cit, p. 27. 9) Ma anche nei Principi Metafisici della dottrina del diritto: cfr. I. Kant, op. cit., in I. Kant Stato di diritto e società civile (raccolta

degli scritti etico-politici e di filosofia della storia kantiani dal 1766 al 1799, a cura e tradotti da Nicolao Merker), p. 235 sgg. 10) Cfr. G. B. Vico Principi metafisici della dottrina del diritto, cit, p. 299. In proposito, cfr. C. Schmitt II nomos della terra, cit, p. 201 sgg. 11) Cfr. G. B. Vico De universi iuris uno et fine uno, in G. B. Vico Opere Giuri- diche, a cura di Paolo Cristofolini, Firenze 1974, p. 34. 12) Cfr. G. B. Vico Sinopsi del diritto universale, in Opere Giuridiche, cit

. 18) Cfr. N. Badaloni Introduzione a Vico, Roma-Bari 1984, p. 102. 19) Cfr. G. B. Vico De Antiquissima italorum sapientia, cit., p. 125. 20) Cfr. G. B. Vico Risposta di Giambattista di Vico alVarticolo X del tomo VIII del ’Giornale dei Letterati d'Italia ’, in G. B. Vico, Opere filosofiche, cit, p. 155. II Tractatus de veritate di Herbert di Cherbury è del 1624. 21) Cfr. G. B. Vico Risposta di Giambattista di Vico cit., p. 163. Sulle somi- glianze fra il pensiero di Vico e quello di Herbert di Cherbury

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 190 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
il problema del rapporto di poesia e filosofia non tanto in termini di opposizione, di esclusione, quanto piuttosto in termini di correlazione, di connessione. Esiste una chiara continuità di poetico e filosofico, ben visibile se solo si considera il poetico non come mero dominio della bruta materialità, della passività sensibile, ma piuttosto - come si è cercato di mostrare - come dimensione attiva, creativa, fantastica, ideale, veritativa del senso, la dimensione in cui con la dottrina degli «universali

fantastici» la sensibilità si fa universalità e con la dottrina del mito ii racconto fantastico si fa storia ed ii «falso» poetico vero in idea. A proposito della lingua, che rappresenta l’elemento centrale di tutta l’indagine vichiana, l’autore della Scienza nuova parla egli stesso in una visione sincronica di un lento confluire (come le acque dolci di un fiume verso il mare) di quella poetica in quella «volgare». E, come già si notava in precedenza, quando si legge che la poesia fu «Fabbozzo sul quale

cominció a dirozzarsi la metafisica», che - con le parole dei De ratione - «i poeti guardano al vero ideale universale» o che «al pari dei filosofi perseguono il vero», con la sola differenza che essi «inse- gnano con diletto quelle stesse cose che il filosofo insegna con se- verità», o ancora, nella sintesi ultima della Scienza nuova del 1744, che «ii vero poetico è un vero metafisico», «piu vero del vero degli storici»,(25) quando si legge tutto questo allora non è piú possibile pensare che la poesia

sia qualcosa di radicalmente antitetico alla filo- sofia. La poesia, piuttosto, si trova investita di un ruolo peculiare, gode di uno statuto privilegiato che la fa essere una dimensione pie- namente autonoma del conoscere, dotata di un logos suo proprio, di una logica affatto indipendente dal sapere razionale eppure, proprio 173

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 21 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
II filosofo napoletano. infatti, era riuscito a cogliere «quella che è la caratteristica fondamentale del pensiero di Bodin, di essere cioé riuscito per primo nel pensiero politico modemo a compenetrare l’eni- dizione giuridica con la politica, a dimostrare cioé che il diritto nella complessa e ricca manifestazione delle sue norme ed istituti positivi poteva essere considerato in modo sistematico perché riconducibile all’ordine politico ad al suo supremo principio informatore, la sovra- nità

, nella quale per l’appunto diritto e politica si identificano; e a far vedere come la politica stessa non possa essere compresa nella sua vera dimensione umana, se non attraverso le singole positive determi- nazioni del diritto. D’altro canto Vico scopriva in Bodin un primo attento studioso /.../ non solamente del tempo oscuro dell’umanità, ma anche delle istituzioni politiche romane, di quel popolo, cioé, la cui storia /.../ costituiva il modello cui rifarsi per comprendere lo svolgi- mento

o il processo storico mediante il quale Fumanità dallo stato ferino perviene alla civiltà, alla ragione tutta dispiegata».(9) Alcuni dei problemi ai quali in qucsto testo si fa riíerimento. in particolare là dove si parla di Bodin come studioso del «tempo oseuro dell’umanità», hanno soprattutto riscontro nella Methodus ad facilem historiarum cognitionem\ basta per questo ricordare le pagine del set- timo capitolo dell’opera giovanile, la celebre, per tanti motivi, non escluso quello delle idee politiche

sottese ad essa, Confutatio eorum qui quatuor monarchias aureaque secula statuunt( 10), a proposito del quale, Henri Baudrillart, uno dei primi e piú autorevoli interpreti di Bodin nel nostro secolo, ha scritto queste parole: «Ce melange d’histoire profane et d’histoire sacrée, cette perpetuelle interprétation, ce recours fréquent a l’étymologie, font ressembler ce chapítre, pres- que à s’y méprendre, à un chapítre dela Science nouvelle. Vico a d’ailleurs beaucoup emprunté à Bodin et à Grotius

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 55 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
paradossale manifestazione dell’unità del sovrasensibile, o meglio della rappresentazione di tale unità. Tale paradossalità è stata bene rilevata da Tatarkiewicz: «In generaie, per Kant ii piacer estetico era il piacere causato da ció che ha forma adeguata, piace necessariamente, sebbene si tratti di una necessità solo soggettiva (...). L’esperienza estetica è caratterizzata quindi dall’essere disinteressata, aconcettuale, formale, coinvolgente l’intero intelletto, necessaria (ma soggettiva

collettivi dagli interessi dei singoli. Non per niente l’azione del politico, nella visione kantiana, è lacerata tra la conoscenza realistica della natura umana e delle condizioni dell’agire politico, ed una visione realistica fondata sul concetto del dovere(79). La facoltà di giudizio (Urteilskraft) trova quindi il proprio principio a priori nella finalità(80), ed il giudizio teleologico, il giudizio sui fini della natura, viene ritenuto da Kant «semplicemente il Giudizio riflet- tente in generale

»(81), ossia la sua parte teoretica. Tuttavia, fra il giudizio teleologico che riflette mediante paiticolari principi sui con- cetti dell’esperienza, e il giudizio estetico, ossia il giudizio che deve regolare l’azione in assenza dei concetti che potrebbero essere ricavati solamente da un’impossibile conoscenza dell’unità del sovrasensibile, c’e la stessa inconciliabilità che si manifesta, all’intemo della Critica della Ragion pura, fra Analitica e Dialettica. II giudizio teleologico agisce infatti

su concetti già determinati, e quindi non puó offrime di propri all’analisi del giudizio estetico, che perció, come scrive Kant, «deve essere riportato soltanto alla critica del soggetto giudicante e delle sue facoltà conoscitive - che è la propedeutica di ogni filoso- fia»(82). I fondamenti di tale analisi verranno rinvenuti all’interno 38

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Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 192 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
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Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
d’immaginare», come si legge in una lettera, che sia cosi in grado di riportare alla luce e valorizzare pienamente ció che era stato sbrigati- vamente messo da parte, sepolto, abbandonato. Ed è precisamente questo tipo di lavoro che, a nostro modo di vedere, Vico si sforza di pensare e di realizzare con la sua opera. In questa prospettiva, ii capolavoro uitimo dei filosofo paitenopeo, la Scienza nuova, porta a compimento la tendenza del pensiero vichia- no ad accentuare questa dimensione

«poetica» del pensiero, induce ad una ricomprensione su base estetica del rapporto di poesia e filosofia e schiude in sintesi la possibilità di una visione organica del sapere, basata sull’apporto paritetico delle varie facoltà umane e sulla com- prensione unitaria di discipline e metodologie differenti, in grado di assicurare un vincolo ingegnoso fra elementi discordanti, di saldare tra ioro aspetti e componenti distanti ed eterocliti, di ricomporre il dissi- dio epistemologico di sensibilità

ampia ricerca sull’estetica di Giambattista Vico in corso di pubblicazione. Le citazioni dalle opere vichiane sono tratte da G. B. Vico, Opere, a cura di A. Battistini, Milano, Mondadori, 1990, 2 voll.; la Scienza nuova del 1744 (SNS) e quella del 1725 (SNP) sono, come noto, segnalate per capoversi; per le opere non comprese in questa edizio- ne (De antiquissima, Risposte, Diritto universale...), si fa riferimento a Opere filosofiche, a cura di P. Cristofolini, Firenze, Sansoni, 1971 e Opere

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