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Commenti: Beitr. teilw. dt., teilw. ital. - Literaturangaben. - Enth. u.a.: Max Stirner e la capacità di potenza / Dario Barbieri. Fremdheit als Herausforderung: Ingeborg Bachmann in Italien / Stefanie Golisch

Soggetto: p.Heine, Heinrich ; f.Kongress ; g.Meran <1997> p.Stirner, Max p.Bachmann, Ingeborg

circolo che viene soprannominato «Max Stimer», a causa della sua enorme fronte (in tedesco Stirne). L’anno seguente incomincia a pubblicare recensioni e articoli nel giornale Telegraph fiir Deutschland e collabora alla Rheinische Zeitung e alla Leipziger Allgemeine Zeitung. Frattanto, nel circolo dei Liberi, aveva conoseiuto la protofemminista Maria Dahnhardt, con cui si sposa nel 1843. L’anno successivo pubblica la sua opera principale, per non dire la sua unica opera vera e propria: Der Einzige

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Letteratura , Filosofia, psicologia

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1997

Heinrich Heine (1797 - 1856) nel II centenario della nascita = Heinrich Heine (1797 - 1856) zur 200. Wiederkehr des Geburtstages.- (Studi italo-tedeschi ; 18 )

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su tre livelli: I) Biografico: la costituzione della sua «doppia vita» II) L’Italia come funzione nella sua lirica e prosa III) La ricezione delle sue opere neila critica letteraria italiana e nei romanzi di Fleur Jeaggi A1 contrario di altri suoi colleghi scrittori, la Bachmann è molto riservata nella tematizzazione diretta della realtà italiana. Mentre nella sua opera lirica troviamo ancora poesie che riflettono paesaggi e città, nella prosa l’Italia appare sempre di piú come un luogo qualsiasi

, il presente, dall’altra, diventano in seguito i due poli fra i quali la sua opera prende la sua inconfondibile forma. In un’intervista la scrittrice sottolinea l’importanza, o meglio la necessità di trovarsi in un luogo diverso da quello che si descrive: «Se fossi rimasta nel mio ‘Ungamgassenland’ [cioé: Vienna(sg)] non avrei mai scritto Malina.» (Gul, 107) Proprio nel distacco quindi, nel voluto allontanamento dalla pro- pria patria riconosciamo una impoitante premessa della scrittura bach- maniana. Solo

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affermazioni, poste - significativamente - a conclusio- ne della sezione de L’Unico e la sua proprietà dedicata all’individuo proprietario, Stimer nega l’esigenza di una destinazione al di fuori del Sé, quale è porre un io a fianco del proprio io come contraente di un patto in cui si riconoscono diritti e doveri di un altro al di là dell’io. La via d’uscita dal solipsismo, minaccia che incombe sulla costmzio- ne teorica stimeriana, è indicata dallo stesso filosofo proprio all’inizio della sua opera

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sua opera principale equi- vale a difendere il vero nucleo dell’io (ossia YUnico) dalla richiesta di sottomissione alla tirannia del pensiero e alla scissione fra l’interesse personale e i principi etico-sociali, che è solo una manifestazione della 295

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vita e negli scritti, Milano, Chiesa e Guidani: 338-339. 22 Riportato da Adolf Strodtmann, nella sua opera Heines Leben und Werke, II: n 115. 23 Si tratta delle lettere scritte a Gustav Kolb, dagli Alti Pirenei, il 3 luglio del ’41, e a Campe, da Parigi, il 5 e 9 settembre dello stesso anno. 24 Les derniers jours de Henri Heine della Camilla Seldcn. in origine Elisa Kri- nitz, la Mouche heiniana che lo visitó assiduamente nel suo ultimo periodo, uscirono a Parigi nel 1884. Per una migliore

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in quell’abisso sul Vuoto che è YUnico per fondare una perfetta vita sociale. Per chiarificare quanto finora scritto, si puó proficuamente ripren- dere il paragone con lo gnosticismo. Nella sua opera capitale sulla Gnosi, Hans Jonas ha osservato che «la fiducia panteistica o panlogica dell’antichità è svanita nello gnosticismo. L’io è scoperto corne incom- mensurabile con tutte le cose della natura. La scoperta al principio fa emergere Fio nella sua profonda solitudine: Fio viene scoperto median- te una

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, pp. 29-34, e G.W.F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, cit., p. 180. Per l’approfondimento dello scettici- smo pirroniano, cfr. M. Dal Prà, Lo scetticismo greco, primo volume, Roma- Bari 1975. 62 Cfr. C. Schmitt, op. cit., pp. 47-55 e Aurora boreale, Napoli 1995. Su Daubler e sulla lettura schmittiana della sua opera, cfr. C. Bonvecchio, II politico impos- sibile, Torino 1990, pp. 44-46. Vd. Anche Th. Daubler, Das Nordlicht, Leipzig 1921. Come letteratura critica su Daubler, cfr. G. Bevilacqua, Letteratura

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del dramma il pathos che è proprio di una Volontà pre-Sog- getto e pre-Oggetto di ogni creazione. Come si può leggere nella Morte di Danton, in un passo dove non è difficile ritrovare - anche qui - accenti gnostici: «II nulla si è ucciso, la creazione è la sua ferita, noi siamo le gocce del suo sangue, il mondo è la tomba dove esso mar- cisce» (54) . II senso della crisi, che Buchner manifesta con questi drammatici accenti, non è propria solo del periodo storico di questo autore. La sua opera

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è lo stesso Stimer. E’ ovvio che ciò che qui va sotto il nome di misticismo non è la conoscenza sperimentale di Dio secondo la definizione tomista; in tale accezione il misticismo viene esplicitamente rifiutato da Stimer in tutta la sua opera. La dimensione mistica a cui si fa riferimento si contrappone alla dimensione logica, è tentativo di evasione dalla pri- gionia del pensiero e della dialettica. La capacità di potenza è capacità di evasione da un mondo che ci tiene prigionieri. E’ il mondo delle idee

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società, della tradizione, in breve: del «fatto» (17) . La storia, la vera storia, non è opera dell’uomo quanto di Dio. Della Verità che si dà. Chiara, evi- dente l’influenza di Heidegger su Gogarten; ma il vero Altvater di questa concezione della storia è Agostino. La distinzione delle due città, quella umana, fondata da Caino, e quella celeste, che Abele non fonda, ma di cui partecipa, è fatta da Agostino al fine di mostrare che sotto la superficie della storia solo umana, nella quale la Città

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di antisemitismo che si traduce anche nei provvedimenti che, revocando un precedente editto, escludono gli ebrei dalle cairiere pubbliche e accademiche. Anche in questo caso — come vuole la nota tesi di Sar- tre - l’ebreo è costretto dall’estemo a definire il senso della propria origine. Per Heine, il colpo inflitto dall’editto revocato è durissimo: «Tutto ciò che è tedesco mi ripugna ... tutto ciò che è tedesco opera su di me come un emetico, la lingua tedesca mi strazia gli orecchi. Le mie stesse poesie

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- niana di una primordiale esperienza di vita, che si contrappone ai mondi del Lògos, è possibile per questo passo dell’opera maggiore di Stimer un’interpretazione straordinariamente vicina alla lettura che la setta gnostica dei Mandei dava dei rapporti fra i figli della Luce e lo spirito malvagio, Ruha d’Qudsha, la cui traduzione letterale è proprio Spirito Santo. Come Hans Jonas sottolinea nella sua opera capitale sullo gnosticismo (49) , I’ignoranza nei confronti della propria vera natura produce

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e in verità, questa è opera mia, mio prodotto; lo Stato è il signore del mio spirito, pretende la fede e mi prescrive articoli di fede: gli articoli di fede della legalità; esso esercita un’infiuenza morale, domina il mio spirito per sostituirglisi come ’mio vero io’, insomma lo Stato è sacro ed è nei confronti di me, uomo singolo, il vero uomo, lo spirito. il fantasma; Funione, invece, è mia creazione e mia creatura, non è sacra, non è una potenza spirituale al di sopra del mio spirito come non

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. L’esistenza è delimitata da una polarità della quale è impossibile dare soluzione. A1 di là di tale polarità, 1’ Unico si manifesta sulla linea dell’orizzonte quale Nordlicht, Aurora boreale. L’immagine è suggerita dal titolo del poema in tre volumi del già citato Theodor Daubler, il poeta tedesco nato a Trieste nel 1876, la cui opera è pressoché ignorata in Italia. «Per Daubler» ha scritto Carl Schmitt in Ex captivitate salus, «l’aurora boreale è appunto il testimo- ne e il garante tellurico di questa

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quanto questo possa rappresentare il tentativo di andare oltre la Verità, bisogna sospendere il giudizio. Scetticamente: Infatti, solo scindendo la critica stimeriana al mondo dello Spirito da ogni eventuale afferma- zione intomo alla Verità ultima rintracciabile nella sua opera, diviene possibile tentare una rilettura filosofica che la sottragga agli opposti dogmatismi che la esaltano o la denigrano. E proprio sulla lettura dello scetticismo e del suo oltrepassamento, come si vedrà in seguito

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, notabili proscritti da molti paesi europei. Un’operazione di amicizia, senza espliciti impegni. Di contro, il vissuto del poeta, e non solo nel primo periodo della venuta a Parigi, è animato da una diffusa angoscia di nemici nascosti che tramerebbero contro di lui e contro ia sua opera. Egii deve essere sempre ben informato tramite la attività di amici fedeli, ed è preparato a rispondere immediatamente in modo vendicativo, in modo da isolarli e distmggerli. Nella prima lettera che scrive al fratello

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e distanza. Egli opera per separarsi dal govemo cattivo - quello prussia- no - e per unirsi a quello buono, col quale si identifica, il govemo napoleonide. La valenza rivoluzionaria della libertà si gioca, in ogni caso, fra due tradizioni imperiali: tra due scelte tutt’altro che popolari o borghesi. La sua dinamica del doppio, dell’altro pericoloso da cui separarsi, non gli consente di giocare il suo coraggio civile e la sua esigenza di dissidenza fra popolo e governo. ma fra governo illiberale e governo

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di dipendenza, Stimer sacraüzza il rapporto fra la proprietà e 1’ Unico. E’ inesatto ritenere che Stimer elimini la dimen- sione del Sacro: nella proprietà si manifesta l’eccezionalità e l’intangibilità delYUnico. In effetti, allorchè Stimer cerca di offrire le coordinate empiriche per il riconoscimento del Sacro, nella sua opera principale si possono leggere le seguenti affermazioni: «L’estraneità è un segno di riconosci- mento del ’Sacro’. In tutto ciò che è sacro c’è qualcosa di ’inquietan- te’, cioè

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, come il ricco zio Salo- mone, che si occupó da sempre del suo destino e lo segui finanzian- dolo per tutta la vita. Lo stesso accadde al suo maestro G.A. Schlegel. Erano sufficienti sospetti o segni di dissenso, notizie di azioni o scritti ( di cui era estremamente avido, presso tutti i conoscenti) non chiara- mente benevoli nei confronti della sua opera, per scatenare reazioni vendicative immediate, sfrenate, prolungate nel tempo, «costi quel che costi». E questo fu un destino frequente dei suoi

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della razio- nalità occidentale; equivale a riscoprire neU'Unico quello che il con- temporaneo di Stimer Chomjakov riteneva di rinvenire nel suo ideale di ehiesa ortodossa: il Sobornost’, la comunione mistica con I’Altro e con il Sé che costituisce il centro dell’essere (72) . Lo stesso Calasso richiama anche la figura di A. Cieskowski, il quale, partendo da una prospettiva hegeliana, ne opera un radicale rovesciamento. Calasso ricorda come Cieskowski, nei suoi Prolegomena zur Historiosophie (1838

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