Alla vetta d'Italia : prima ascensione della vetta più settentrionale della grande catena alpina spartiacque ; (cima nord del Monte Lana, o Glockenkaar K. della carta militare austriaca) ; (m. 2194)
18 ALLA VETTA D'ITALIA Ài Castello andiamo in 20 o 25 minuti di passeggiata, pren dendo da capo all'abitato, da dove ci si presenta di fronte quella gran mole diroccata di sì imponente aspetto. Per lo stradale di Valle Aurina, varcato s'un ponticello il furioso torrente candido di schiume, venite a pie' dell'alto scoglio che porta le vecchie mura; dove, o inerpicandosi per l'erta, ovvero più comodamente, per un tratto seguendo la strada entro la gola contro il torrente e pai per sentieri
girando il rocchione a spalle, giungete ai po derosi bastioni del maniero, che fu anticamente dei più forti e famosi nel Principato : si può ben dire che la valle non ebbe altra storia che quella di queste mura. Entrate e vi sorprende lo spettacolo del più pittoresco cortile che sia dato imaginäre. Risalite ad un tratto di più secoli nella vita degli uomini e vi è presente l'anima d'altri tempi. Le linee architettoniche danno una viva impressione di forza e di grazia, e d'italianità ; gradinate
esterne e balconi, quadrate finestre, a crociera di pietra, ed altre abbinate leggiadramente ad arco ro tondo, nello spessore delle robuste mura, mentre un androne a volta, buio e misterioso, sprofondasi nel vivo della rupe e mette al portone che risponde a valle. Parte è abitato, parte in rovina. Sopra una torretta del cor tile v'è un curioso vecchio orologio, il cui pendolo enorme tace dentro un cassone, ch'è lungo quarut' è alta la torretta stessa. Accanto alle muraglie pur più antiche di tanto
, quell'arnese di sconnesso dà una strana impressione di vecchiezza e di morte. Ma nell'affacciarvi alla finestra godete una veduta superba sopra la valle profonda — da settentrione cupa e selvaggia e coronata d'irte vedrette, per contrario da mezzodì tutta lieta di biade e di pascoli e delle umane dimore. Con un po' di fantasia senti mentale vien spontaneo di rappresentarsi a quel davanzale la malinconiosa Agnese, unica figlia d'Ugo ed ultima dei Dures a guardar la valle che fu. dei suoi e gli spaldi già
venduti a re Arrigo conte di Tiralo. Dall'androne buio balza e scalpita il cavallo da battaglia d'Ugo VI, quegli che molte volte andò fa moso nelle guerre d'Italia. E ai balconi del cortile s'affaccia un gaio sciame di gentildonne, della casa italiana dei conti Ferraris, che, venuti in possesso del castello nel seicento, l'ebbero per sog giorno di delizia. Piace l'andar così raffigurando gli antichi, e raccogliere contrassegni d'italianità in questa remotissima valle, la più nordica in cui echeggiasse