Karl Jaspers : 1883 - 1969 ; 1983 - Celebrazioni nel I. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 6 )
della stessa Trascendenza, al loro senso, se non passando attraverso la singolarità del proprio essere se stessi. Piu esplicitamente: «Senza Pesistenza mancherebbe alla Trascendenza qualsiasi senso; essa rimarrebbe un indifferente mconoscibile, qualcosa come un pen- siero fondamentale, oppure un’immaginazione, o anche qualcosa che al Dasein cosciente appare come inquietudine e terrorej super- stizione ed angoscia [...]. Solo nell’esistenza la trascendenza si pre- senta libera dall’inganno
di ogni superstizione, come quella vera realtà che mai viene meno» (14). Sono notevoli, in questo passo, le distanze che Jaspers si assicura sia dall’inconoscibile dei positivisti, sia dal rozzo e popolare antro- pomorfismo, con le inquietudini, i terrori, la misteriosità tuttavia tangibile del magico, che sono caratteristici di ogni religione super- stiziosa. E una posizione analoga, in qualche modo, a quella del teismo di Kant, lontano sia dal vuoto deismo che dal corposo antro- pomorfismo, teismo
che egli talora chiama antropomorfismo sim- bolico. Jaspers si apre cosi la via anche all’altro polo che, assieme all’esi- stenza, funge da elemento mediatore per la Trascendenza, ossia la ragione, nella particolare accezione jaspersiana del termine Vernunft (15). Esistenza e ragione nella tensione fra loro, che nessuna dialet- tica riesce a pacificare, ma anche nella reciproca funzione di limite critico, danno consistenza al valore umanistico della realtà nostra e sono garanzia per un pensiero
della trascendenza scevro da ogni caduta antropomorfica e superstiziosa, da ogni irrazionalistico abbandono, al di là del dovuto controllo che si deve alla fede e alle scelte. La storia della filosofia è possibile, per Jaspers, solo in virtú della presenza nel tempo delle grandi personalità dei pensatori. Le cate- gorie, per cosi dire, della personalità e della grandezza sono domi- nanti nella sostanza storica del filosofare, non certo suffragabili né dall’oggettività dei problemi, né dalla
fattualità delle successioni nel tempo. Alla storia della filosofia Jaspers aveva pensato fin dal tempo di Philosophie. Nel Poscritto (1955) alla III edizione di quest’opera egli dice: «La mia Filosofia cerca di generare un atteggia- mento interiore capace di instaurare un rapporto significativo coi maestri che si presentano storicamente in cosi grandi figure» (16). Però egll si occupó espressamente del problema solo negli anni suc- cessivi alla guerra, assieme al tema della «logica filosofica» che trova