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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 65 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
89) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 63 90) Ibidem. In proposito, bisogna ricordare che - nelle Osservazioni sul sentimento del Bello e del Sublime - Kant contrappone alle virtu autentiche le virtu adottive, fondate sui principi regolativi. Cfr. I. Kant Osservazioni sul sentimento del Bello e del Sublime, Milano 1989, trad. it. di Laura Lovati, p. 92. 91) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 70-73. 92) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, pp. 73-76. 93) Cfr. G. Deleuze

La filosofia critica di Kant, Bologna 1979, trad. it. Marta Cavassa, p. 117. 94) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 73-76. 95) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 77. 96) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 81. 97) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 82-86. 98) Cfr. G. Deleuze La filosofia critica di Kant, cit, p. 111. 99) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 152-153. Cfr. anche n. di Kant (sempre p. 152): «Si potrebbe chiamare il gusto sensus communis aesteticus

e l’intelli- genza comune sensus communis logicus.» 100) Cfr. H. Arendt Teoria del Giudizio Politico, ed. it. Genova 1991, p. 102. La Arendt ritiene che Kant avrebbe voluto scrivere una Critica del Giudizio Po- litico, dall’ambito ben distinto da quello morale: cfr. H. Arendt op. cit. p. 31. 101) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, pp. 150-151 102) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 172. 103) Cfr. O. Hoffe Immanuel Kant, ed. it. Bologna 1986, trad. it. di Sonia Carbon- cini, p. 225 sgg. 104

) Cfr. A. Guerra Introduzione a Kant, cit., pp. 182-192. 105) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 150. 106) Cfr. P. Martinetti Kant, cit., p. 230. 107) Sul tentativo di interpretazione di Kant operato da J. Rawls (Cfr. J. Rawls Kantian Constructivism in Moral Theory in Journal of Philosophy, LXXVII, 1980, p. 515 sgg., e Una teoria della giustizia, Milano 1982, trad. it. Umberto Santini, rev. Sebastiano Maffettone) cfr. le efficaci critiche di Sergio Landuc- ci: cfr. S. Landucci Sull’etica

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 64 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
di diritto e società civile, cit., pp. 191-193 e n. (si tratta dell’esordio del primo supplemento della Pace perpetua). Sull’argomento, cfr. A. Guerra Introduzione a Kant, Roma-Bari 1980, p. 178 e n. 64) Cfr. G. B. Vico Vita, p. 36. Cfr. anche G. B. Vico De antiquissima italorum sapientia, cit., p. 63 e Principi di Scienza nuova (1744) p. 550 sgg. 65) Cfr. G. B. Vico Principi di Scienza nuova (1744), cit., pp. 463-469. 66) Cfr. G. B. Vieo Sinopsi del diritto universale, cit., p. 16. 67) Cfr. G. B. Vico

Principi di Scienza nuova (1725), p. 177. Sulla Divina Provvi- denza come motore e senso della storia, cfr. G. B. Vico Principi di Scienza nuova (1744), p. 408. 68) Cfr. G. B. Vico Principi di Scienza nuova (1725), p. 189. 69) Cfir. G. B. Vico De antiquissima italorum sapientia, cit., p. 72. 70) Cfr. G. B. Vico Principi di Scienza nuova (1725), p. 173. 71) Cfr. P. Martinetti Kant, Milano 1974, pp. 225-226. 72) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, ed. it. Roma-Bari 1982, trad. it. di Alfredo Gargiulo

, pp. 18-20. 73) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 13-14. 74) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 19. 75) Cfr. P. Martinetti Kant, p. 215. 76) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., pp. 19-20 e 26-27. In proposito, cfr. P. Martinetti Kant, pp. 215-217. 77) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 16 sgg. 78) Cfr. W. Tatarkiewicz Storia di sei idee, trad. it. Olimpia Burba e Krystina Javorska, Palermo 1993, p. 365. 79) Cfr. P. Martinetti Kant, cit., p. 244. 80) Cfr. I. Kant Critica del

Giudizio, cit., p. 40. 81) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, p. 36. 82) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, pp. 36-37. 83) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, pp. 43-90. Sui quattro momenti del giudi- zio di gusto, cfr. A. Guerra Introduzione a Kant, cit., p. 149 sgg. 84) Cfr. P. Martinetti Kant, cit, p. 252. 85) Cfir. I. Kant Critica del Giudizio, cit, p. 43. 86) Cfr. I. Kant Critica del Giudizio, cit, p. 44 sgg. 87) Cfr. 1. Kant Critica del Giudizio, cit., p. 53. 88) Ibidem. 47

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 58 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
tica kantiana, vissuta nella consapevolezza dello scarto fra aspirazione all’universale ed esperienza del particolare, ha una valenza autentica- mente «copemicana», escludendo dal giudizio di gusto qualsiasi rife- rimento al metafisico concetto di perfezione, attribuendo al tempo stesso un preciso riferimento all’esistenza e alla sensazione, coerente- mente con Fetimologia greca del termine «estetica» rispettata da Kant fin dalla stesura della Critica della Ragion pura(91). Di conseguenza l’uso

regolativo dell’ideale della bellezza non deve essere ricavato attraverso una fondazione extraestetica, per esempio attraverso l’identità con l’idea di Buono e lo scopo finale oggetto della ragione praticamente legislatrice. È vero che Kant afferma il Bello essere sim- bolo del bene morale(92). Ma sembra in proposito aver ragione Deleu- ze, il quale in proposito afferma che «il senso del bello non è una pereezione confusa del bene, ché non c’e, tra il bene e il bello, alcuna relazione analitica, ma una

relazione sintetica secondo la quale l’interesse del bello ci dispone ad essere morali, ci destina alla mora- lità.»(93); il giudizio estetico - pur tendente alla concettualizzazione - deve essere fondato nell’esistenza, e non neiriperuranio(94). Non per niente Kant parla del Bello non come un’idea, ma come l’ideale rego- lativo attraverso cui dirigere la propria azione creatrice. Scrive infatti Kant che «quel prototipo del gusto, che riposa certamente sull’idea indefinita di un massimo fomita dalla

ragione, e che non puo essere rappresentato mediante concetti, ma soltanto in una esibizione singola, sarebbe chiamato meglio l’ideale del bello; un’ideale che, se non lo possediamo ci sforziamo di produrlo in noi»(95). Nella misura in cui «riposa certamente sull’idea indefinita di un massimo fomita dalla ragione», l’azione creatrice si traduce in un continuo approccio alla razionalità, e di conseguenza alla moralità(96). Lo stesso senso comune è un ideale: esso, oggetto del quarto ed ultimo momento

del giudizio di gusto (secondo la modalità del piace- re), nasce dalla tensione insita in esso fra la soggettività da cui scatu- risce e l’universalità - portatrice del corollario della comunicabilità - verso cui è diretta(97). Appare interessante ció che in proposito scrive 41

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1985
Karl Jaspers : 1883 - 1969 ; 1983 - Celebrazioni nel I. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 6 )
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Pagina 46 di 78
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: 56 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung. - Literaturangaben
Soggetto: p.Jaspers, Karl ; f.Kongress ; g.Meran <1983>
Segnatura: II 128.054
ID interno: 62093
influisca decisamente sull’essenza dell’uomo, ed è incomunicabile, perché la comunicazione lo attirerebbe nei modi dell’essere omni- comprensivo nei quali sarebbe frainteso. La sua esperienza è assolu- tamente storica: nel tempo, eppure al di là del tempo. È per esso che si può parlare, ma non si puó parlare di esso. Per il pensiero come per la comunicazione il punto d’arrivo è il silenzio (8). L’istante e quanto avviene nell’istante è qualcosa del tutto ecce- zionale, ma tuttavia è qualcosa

di possibile, sebbene in fugaci situa- zioni. La possibilità stessa di ciò che in quell’istante puó avvenire annulla l’esclusività del trascendimento infmito. Se, sia pure per un momento, il trascendere si arresta nella fruizione del compimento, anche la «fede filosofica» di Jaspers scompare nella pienezza con- templativa. La frase riportata conclude l’ultima parte del capitolo, esaminato sopra, intitolato: Ventà come comunicabilità. II nucleo del discorso è che «la verità per l’uomo esiste come verità

in divenire, e precisa- mente come verità che diventa comunicazione. Se la si scioglie dalla comunicazione, degenera subito in verità statica che si trasforma in conoscenza di qualche cosa invece di essere se stessa» (9). Lo svi- luppo delle argomentazionl e le stesse articolazioni del discorso rivelano tuttavia la difflcoltà di non potex esprimere la propria posi- zione se non ipotizzandone un’altra che viene negata. La comunica- zione è «ardente desiderio che nasce dalla realtà del tempo

», ma è destinata al «naufragio» poiché il suo compimento comporterebbe l’attingere ad un «Uno, la verità, in forma per noi inaccessibile». Lo scacco del comunicare, comunque, non è un limite tragico che ci respinga nell’indeterminato, ma ci sospinge «verso una rivelazione sconfinata perché l’incomunicabilità si mostri nella sua vera essenza entrando nella comunicazione» (10). Rigorizzando il discorso si con- figura una situazione patologica ove la sconnessione tra soggetto ed 0 gg e tto non si risolve nemmeno

nella sospensione (im Schweben) che caratterizza l’«operazione filosofica fondamentale»: anche la sospensione, infatti, non è che un attimo in cui non ci si puó fer- mare. Le considerazioni fatte possono servire da chiave di lettura di un altro testo di Jaspers, un testo minore ma molto significativo, ove il tema dell’istante e della comunicazione, della storicità e del silenzio ntorna canco di conseguenze: Philosophie und Ojfenbarungsglaube. Ein Zwiegespràch (ii), un dialogo tra Jaspers e Heinz

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1989
Arthur Schopenhauer : 1788 - 1860 ; nel 200. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 11 )
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Pagina 77 di 104
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: XI, 84 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung
Soggetto: p.Schopenhauer, Arthur ; f.Kongress ; g.Meran <1989>
Segnatura: II 128.059
ID interno: 62101
stessa e il contrasto non è piü semplicemente fra mondo eterno e mon- do temporale, ma fra la volontà nel suo stato di affermazione che porta seco il mondo temporale come sua espressione e volontà nel suo stato di negazione che raccoglie i momenti di positività prima riferiti all’eter- no, tanto che ad essa debbono essere ricondotte l’estetica e l’etica, cul- minanti a loro volta nell’ascesi. Questo passaggio mi sembra ben documentato in un manoscritto del 1814 in cui si fa riferimento proprio

alle Upamshad: «Nel nostro vo- iere in generale è la nostra disgrazia; che cosa noi vogliamo poco' im- porta. Ma il volere (l’errore fondamentale) non puo mai trovare soddi- sfazione, onde noi non cessiamo di volere e la vita è un continuo sof- frire; poiché essa non è che il fenomeno del volere, il volere obiettivato. Noi ci illudiamo continuamente che roggetto voluto possa porre fine alla nostra volontà, mentre possiamo ció solo con il cessare di volere: questo (la liberazione del volere) awiene solo

attraverso la coscienza migliore, onde dice l'Oupnekhat (II, 216) tempore quo eognítio simul advenit amor e medio supersurrexit». «Per amor» continua Schopen- hauer «si intende qui la Maya, la quale è il volere, Famore all’oggetto, la cui oggettivazione o parvenza costltuísce il mondo e che, come erro- re fondamentale, è insieme l’origine del male e del mondo (che sono propriamente una cosa sola) ... La coscienza migliore non appartiene al mondo, bensi gli è opposta, non lo vuole» (HN I 120; it. 197

). Se l’a- more è la Maya la conoscenza di cui il testo delle Upanishad parla è per Schopenhauer l’arte o meglio ancora la compassione, corne conoscenza intuitiva concreta dei dolori della vita, che puo portare a non volerla per raggiungere queüa dimensione di pace e di beatitudine che Scho- penhauer si compiace di vedere dipinta sul volto del santo e che tradu- ce quell’esperienza mistica, per Schopenhauer l’unica forma autentica di religiosità, che si ripropone identica al di là dei simboli suggeriti

dal- le varie religionl positive In cui si esprime. Vorrei awiandomi ora alla conclusione spiegare e approfondire bre- vemente questa teoria della volontà, che a mio parere costituisce l’ele- mento piú originale del pensiero di Schopenhauer, nonostante le mol- teplici suggestionl che potevano spingerlo in questa direzlone e che cer- to non si lasciano ridurre all’Oupnekhat del passo citato. Schopenhauer stesso del resto rimanda per questo a Kant (H II 795; M 541-42). E noto come Schopenhauer una

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 46 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
filologo è quella di dire che in esse debbon potersi rintracciare i segni della Verità. Questo debbon, infatti, significa nella visione vichiana, come già visto, la coscienza del certo, oggetto della filologia: secondo Vico, infatti, «La filosofia contempla la ragione, onde viene la scienza del vero; la filologia osserva l’autorità dell’umano arbitrio, onde viene la coscienza del certo»(25). L’importanza per lo studioso di filosofia della politica di questa concezione vichiana è evidente

, se solo si pensi che ia Scienza Nuova del 1725 si apre fondando il diritto naturale delle nazioni sul senso comune{26). E’ una concezione che ai giomi nostri sembra rinascere a nuova vita; recentemente l’economista Ser- gio Rieossa, mistico piu che teologo deireconomia di mercato, ha riproposto il valore fondativo del senso comune, ribattezzandolo sem- plicemente buon senso: «’cercó tutta la vita di essere un economista, ma il buon senso continuó a tormentarlo’. L’epitaffio, che Meade dice di essersi

scelto, non mi convince del tutto: il buon senso non tormen- ta alcuno, temo; bisogna corrergli dietro e pregarlo insistentemente che si occupi di noi e non ci lasci in balia della ragion pura, la quale ci droga il cervello»(27). Non per niente Ricossa si richiama esplici- tamente a Vico allorché scrive nella medesima sua recente opera che: «E’ irrazionale voler sempre razionali. L’uomo razionale tende a para- lizzarsi da sé. L’uomo d’azione non puó essere razionale oltre misura, se non in forma

primitiva, istintiva. Gli imprenditori sono i ’bestioni’ di fantasia ’corpolentissima’ che Vico elogia nella Scienza Nuova. La pianificazione, sogno di razionalità, resta un sogno»(28). Nella Scienza Nuova del 1725 Vico determina i tre sensi comuni del genere umano, che altro non sono che le idee uniformi di cui si è già parlato: «primo, che vi sia provvidenza; secondo, che si facciano certi figliuoli con certe donne, con le quali siano almeno i principi d’una religion civile comuni, perché da’ padri

e dalle madri, con uno spirito, i figliuoli si educhino in conformità delle leggi e delle religioni tra le quali sono essi nati; terzo, che si seppelliscano i morti»(29). Nell’importantissima sezione dedicata al Metodo della Scienza nuova del 1744 Vico, in nome del certo dell’autorità, ribadisce l’importanza 29

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1985
Karl Jaspers : 1883 - 1969 ; 1983 - Celebrazioni nel I. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 6 )
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Pagina 42 di 78
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: 56 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung. - Literaturangaben
Soggetto: p.Jaspers, Karl ; f.Kongress ; g.Meran <1983>
Segnatura: II 128.054
ID interno: 62093
vità estrinseche. Colui che intenda accedere al signiflcato, alla fonte del significato globale e, in tal modo, realizzare, aímeno intenzio- nalmente, la propria umanità, è colui che supera il livello stesso della coscienza universale per qualificarsi come spirito, Geist. La comunicazione è sempre un comunicare ad altri e reciproca- mente. Tale reciprocità nel comunicare dà vita alla comunità che, a seconda del modo della comunicazione, si specifica in corrispon- denti modi di comunità. Sul

terreno della realtà esistenziale, del Dasein si instaura una comunità di interessi vitali in concorrenza con altre analoghe comunità; è una comunità esposta a continue variazioni, frammentazioni o a sempre diverse forme di aggrega- zioni a seconda delle tensioni vitali che vanno emergendo. Sul piano della coscienza universale, il Bewusstsein überhaupt determina una comunità fondata sulla forza stessa della universalità dell’intel- letto, una comunità scientifica quindi che sussiste in funzione

di leggi e, attraverso di esse, supera la mutevolezza del divenire e del succedersi prammatico degli eventi particolari che invece condizio- nano, come si è visto, la comunità vitale del Dasein. La piena realiz- zazione della comunità come regno degli spiriti, si realizza a livello del Geist, ove i singoli componenti si ritrovano in un valore ideale, limitato tuttavia in «un tutto» e mai identificantesi con «il tutto». In altri termini la comunità degli spiriti, a questo livello avverte con

- temporaneamente di appartenere ad un universo di significati ideali, ma avverte anche che questo universo non puó esaurire, e quindi cristallizzare, il senso finale che continuamente ci trascende. Anche a livello di Geist la verità che si raggiunge e la comunità che si instaura attraverso la comunicazione in quella verità, sono verità e comunità incompiute; il vero senso della comunicazione, il compi- mento del suo significato percorre i tre modi dell’«essere omnicom- prensivo» ma non si arresta ad alcuno

di essi: oltre di essi vi è la «volontà di comunicazione» della ragione e dell’esistenza. I tre modi di comunicazione indicati presentano tutti un limite e tutti e tre sono esposti a deterioramenti la cui causa va ricercata nel considerarli isolati ed esclusivi, oppure nel non rispettare un ordine nel loro collegamento. La comunicazione esistenziale (nel senso del Dasein) puó ridursi a istintiva simpatia o antipatia, come la comuni- cazione che avviene nella successiva comunità scientifíca puó iso

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1985
Karl Jaspers : 1883 - 1969 ; 1983 - Celebrazioni nel I. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 6 )
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Pagina 38 di 78
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: 56 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung. - Literaturangaben
Soggetto: p.Jaspers, Karl ; f.Kongress ; g.Meran <1983>
Segnatura: II 128.054
ID interno: 62093
essere la radice del nazismo come del dissenso morale, della protesta stessa del professor Jaspers che abbandona la cattedra di Heidelberg perché la sua patria tedesca fa tacere i rimorsi nella programmazione funzionale di un benessere senz’anima. Si potrebbe dire che, come Pascal, Jaspers ami «l’uomo che cerca, ma che cerca gemendo». Questo discorso si approfondisce se lo connettiamo con il modo in cui Jaspers concepisce la libertà e la ragione. La libertà di cui egli parla è la stessa

esistenza nel senso forte del termine: non tanto il nostro consistere puntuale in un determinato momento e in deter- minato spazio (Dasein, esser-ci), quanto piuttosto il nostro rappor- tarci alla sorgente piü profonda della vita, al senso originario della realtà, al suo significato aperto, che si rifiuta di fermarsi ad una defi- nitiva formulazione (Existenz, esistenza in sensoforte). La ragione non è il puro intelletto inteso come facoltà tecnica del connettere logico che ci dà il sapere scientifico

, il continuo mettere in questione, Paprirsi alPinfinito superando ogni determi- nazione. Questo rapido richiamo a ció che significhi, per Jaspers, essere liberi e ció che significhi pensare razionalmente, ci offre un ulteriore parametro di lettura del suo atteggiamento di fronte agli avvenimenti. II suo impegno è quello di realizzare una vita libera razionalmente ordinata. Ció non significa accettare un ordine estrinseco, ma rimanere fedeli alla istanza di un valore originario rivolto all’infinito; una

fedeltà che per essere feconda non rifiuta una disciplina, ma rifiuta di considerare i modi di questa disciplina come strutture intoccabili e formulazioni definitive. I modi sono aperti, sempre disponibili ad una messa in questione del loro stesso confígurarsi, hanno i medesimi caratteri della comunicazione, quella comunicazione che è condizione della ricerca, maieutica delPimpegno, ideale regolativo di ogni autentica esistenza. L’avventura terrena di Karl Jaspers è stata un’esistenza come

comunicazione dall’esercizio terapeutico del dialogo col malato mentale, al dialogo di cui parleremo alla fine di queslo saggio, quello del filosofo col teologo, un dialogo sulle possibilità di comu- 20 —

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 166 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
», nell’impalcatura geometrica della scultura compiuta. E non parliamo di Goya, di certi suoi «sondaggi» del profondo fatti emergere alla luce della forma pittorica, quando perfino in David, per completare la gran- de triade contemporanea, il ricorso all'antico, fonte di esortazione a forti virtú civili, si ammanta di innegabile impeto di calda passione. Certo, se ci spostiamo piú avanti, non par in alcun modo controver- tibile il peso assunto dal pensiero vichiano nel costituirsi del gusto e nella formulazione

della prassi artistica del Romanticismo. Già, del resto, un Hamann, schierato contro ogni razionalismo e anzi addirit- tura definibile «il rappresentante piu puro dello ’Sturm und Drang’»(6), aveva sostenuto come spontaneità e fantasia siano tutto nell’arte, quasi parafrasando, in fondo, una proposizione vichiana: «le vere sentenze poetiche debbon essere sentimenti vestiti di grandissime passioni»(7). Di dncalzo lo Herdel, del resto iniziato dallo Hamann alla lettura dell’Ossian, esalta

la schiettezza del canto popolare e riconosce ormai apertamente «il carattere originario dell’arte nella barbarie anziché nella civiltà»(8). Posizione che, portando fatalmente all’esaltazione del Medioevo, spiega l’amorosa, immediata riscoperta, ad opera del Goethe e proprio sulla scia tracciata dai due precursori, dell’architettura «gotica»: non piú considerata rozza e volgare ma capace di reale bel- lezza. Pensiamo al saggio goethiano sulla Cattedrale di Strasburgo(9) che, movendo dal ribadire

l’indipendenza da ogni regola, giunge ad affer- mare «il valore sublime dell’arte, il carattere creativo del sentimento»: inizio sicuro di quel cammino che, in un crescente anelito di libertà spinto agli esiti di una drammatica «deregulation», approda al mito 149

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Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 45 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
dei letterati dltalia (articolo X)(20), il filosofo napoletano contrappo- ne, al metodo geometrico, la retorica come stmmento di invenzione, come luogo dove si sperimenta la convergenza del vero col fatto. In questa circostanza, Vico cita come proprio punto di riferimento il Tractatus de veritate di Herbert di Cherbury. Sempre nella Risposta, Vico dice della topica «chc questa è l’arte di apprender vero, perché è l’arte di vedere per tutti i luoghi topici nella cosa proposta quanto mai ci è per

farlaci distinguer bene ed aveme adeguato concetto; per- ché la falsità de’ giudizi non altronde proviene che perché l’idee ci rapprcsentano piu o meno di quelio che sono le cose: del ehe non possiamo star certi, se ne possano giammai proporre. Che è la via che tien l’Erberto nella sua Ricerca della verità, che veramente altro non è che una topica trasportata agli usi dei fisici sperimenta!i.»(21). Quel- 10 che qui interessa sottolineare, è che Vico ritiene. come lo stesso Herbert di Cherbury, che

la topica riveli la coscienza del certo, che si manifesta nel senso comune. «Gli uomini che non sanno il vero delle cose proccurano di attener- si al certo, perché, non potendo soddisfare rintelletto con la scienza, almeno la volontà riposi sulla coscienza»(22). Questo passo della Scienza nuova del 1744, oltre a sottolineare l’importanza del certo come dimensione fondativa della coscienza - come già visto nel già citato passo della Sinopsi del diritto universale - introduce la trattazio- ne vichiana del

senso comune. Secondo la nota definizione contenuta nella Scienza nuova del 1744, «II senso comune è un giudizio senz’alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il getier umano»(23). Per Vico il senso comune non sembra essere un criterio regolativo, bensi uno stmmento per il rivelarsi della Verità. Vico è convinto che 11 senso comune non sembra essere un criterio formale, ma che sia inscindibile dal suo contenuto: «Idee uniformi

nate appo intieri popoli tra essoloro non conosciuti debbon avere un motivo comune di vero.»(24). II senso comune scopre il senso riposto della storia, sco- prendo le idee uniformi che in essa sono presenti. La funzione del 28

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 139 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
Ritorno alla prisca sapientia ? Riguardo al tema «Metafisica e storia» va rilevato che nel 1710 Vico presenta la metafisica vera come soluzione dei problemi del suo tempo e contemporaneamente come Fantica sapienza degli Italici. La vera filosofia c’era dunque da sempre, è stata solo falsificata da non- comprensione e dunque va ripristinata nella sua purezza. Una simile posizione si puó riscontrare a volte nel medioevo e spesso nel rinasci- mento: è la dottrina di una prisca theologia, di una

sapienza iniziale, cosi come la concepi per esempio il giovane Cusano rifacendosi ai testi antichi di Hermes Trismegistus. Anche la metafisica di Vico del 1710 si presenta come «sapienza antica», ma Tautore a cui si rifà è Zeno, una figura del Parmenide platonico, dunque Vico non la cerca in Egitto bensi presso gli antichi Italici, in particolare presso gli Etru- schi, quali fondatoii della cultura e lingua latina. Per lo sviluppo del pensiero vichiano e con esso di un nuovo modo di concepire la storia

fu decisivo l’abbandono di Vico, dopo il 1710, di questa idea della sapienza iniziale. Egli si stacca cosi dai propri presupposti. La prisca sapientia gli era servita a tacciare la filosofia aristotelica scolastica di storpiatura della tradizione vera; essa poneva la metafisica neoplatonica d&WUno alle origini del pensiero umano; considerava la dottrina del logos un possesso primitivo di tutta l’umanità e favoriva Tidea che le verità filosofiche cristiane fossero coeve al pensiero umano stesso

. II concetto della prisca sapientia aveva portato infatti ad una vasta uniformità della storia del pensiero ma non era piú sostenibile dal punto di vista storico-filologico. Cor- reggendolo, Vico fondó una nuova coscienza storica: alTinizio della storia delTumanità non sta la perfezione. L’umanità ha dovuto com- piere un percorso lungo e faticoso; ciò che pensiamo oggi non è stato affatto pensato fin dall’inizio; perció anche in futuro si presume che si penserà diversamente. Unicamente Dio è in possesso

del definitivo. Ne consegue la chiara rinuncia di Vico al concetto della sapienza piú antica del popolo italico, cosi come Platone ed il suo «Parmeni- de», i neoplatonici e la tradizione eraietica abbandonano nella conce- 122

11
Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1989
Arthur Schopenhauer : 1788 - 1860 ; nel 200. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 11 )
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Pagina 71 di 104
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: XI, 84 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung
Soggetto: p.Schopenhauer, Arthur ; f.Kongress ; g.Meran <1989>
Segnatura: II 128.059
ID interno: 62101
valutazione teoretica o pratica di ciò che si contempla e aveva perció parlato del sentimento del bello come di un piacere disinteressato su- scitato in noi dal «libero gioco» in cui le nostre facoltà conoscitive son poste dalla forma dell’oggetto. Egli aveva poi distinto il sentimento del bello da quello del sublime contrapponendo la calma contemplazione che si ha nel primo all’apprensione «perturbata e commossa» direi in linguaggio vichiano che si ha nel secondo: il sentimento del sublime

esistenza e al suo possesso, non valutarla in riferimento alla nostra volontà e ai nostri bisogni, per coglierla invece nella sua pura forma, come idea (nel senso platonico del termine). Chi contempla estetica- mente si libera dalle preoccupazioni che angustiano la vita quotidiana, lascia cadere quanto v’é in lui di legato ad esse, per farsi secondo l’e- spressione di Schopenhauer «puro occhio del mondo» unito alle forme ideali che contempla. Naturalmente questo stato non puó durare a lun- go e dalla

alle cose, quanto alla loro relazione alla nostra indivi- dualità e ai nostri bisogni. Non appena al contrario guardiamo le cose obiettivamente cioé contempliamo, per il momento la soggettività e con essa la fonte di ogni miseria è svanita, siamo liberi e la coscienza del mondo sensibile sta di fronte a noi come qualcosa di estraneo che non ci ostacola, anche non siamo piu immersi nella considerazione utile per — 55

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1989
Arthur Schopenhauer : 1788 - 1860 ; nel 200. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 11 )
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Pagina 76 di 104
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: XI, 84 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung
Soggetto: p.Schopenhauer, Arthur ; f.Kongress ; g.Meran <1989>
Segnatura: II 128.059
ID interno: 62101
momenti decisivi del suo pensiero che talvolta non esita ascrivere a sua originalità, ritraducendoli allora nel linguaggio della sua filosofia. Cosi ad es. nel Brahm dell’induismo (piú esattamente Brahman), inteso come principio unitario del cosmo, che si esprime in ogni creatura ep- pure è al di là di ogni creatura e al di là di quel nascere e perire che ca- ratterizza il mondo creaturale, egli vede anticipata la sua dottrina della volontà come principio unitario del mondo «che è in tutti

e ciascuno e ivi soffre e vive e spera nella redenzione». II Brahm cosi inteso sarebbe allora la volontà nel suo stato di affermazione: ma la volontà nel suo stato di affermazione non esaurisce le possibilità dell’essere: al di là del mondo in cui essa domina è il mondo del Brahm beato («non incarna- to»), il mondo della volontà nel suo stato di negazione, che è raggiunto dall’ asceta quando profondamente compreso del dolore che l’esercizio della volontà porta seco passa al non volere. A ció

si riallaccia l’altra dottrina di Schopenhauer piu volte citata, la dottrina della Maya. La Maya è da Schopenhauer identificata proprio con la volontà nel suo stato di affermazione, o con l’ingannevole mondo della rappresentazio- ne che essa trae seco, il mondo della molteplicità temporale, che è co- munque il mondo dell’illusione e della cecità, cui si accompagnano l’e- goismo e il dolore. Da questo mondo l’uomo si redime ricongiungen- dosi a quella dimensione del Brahm per cui esso è il Brahm beato

migliore e quella em- pirica nella sistemazione schopenhaueriana del Mondo come volontà e rappresentazione è espressa nella contrapposizione fra volontà nel suo stato di affermazione e volontà nel suo stato di negazione, dove la vo- lontà nel suo stato di negazione assume quella positività che prima era della coscienza migliore e deH’eterno nei confronti della coscienza em- pirica e temporale che è espressa nei termini della volontà nel suo stato di affermazione. Se prima cioé si aveva una

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1985
Karl Jaspers : 1883 - 1969 ; 1983 - Celebrazioni nel I. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 6 )
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Pagina 21 di 78
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: 56 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung. - Literaturangaben
Soggetto: p.Jaspers, Karl ; f.Kongress ; g.Meran <1983>
Segnatura: II 128.054
ID interno: 62093
due autori che - a detta di Vattimo - «stanno alla radice dell’attuale ondata' impersonalistica’ della filosofia e della cultura, Nietzsche e Heidegger» (6). È forse questa una delle ragioni per cuijaspers è oggi «inattuale», a differenza dei due autori ricordati. Ripensare alla sua filosofia, in occasione del centenario della sua nascita, puó risultare piú efficace rammentando polemicamente le ragioni del suo umanesimo, che sono ancora, in parte, le ragioni nostre nei confronti delle tesi

impersonalistiche (7). Questa è la prospettiva che vorrei assumere, richiamandomi a quattro punti del pensiero dijaspers: la scienza e il suo valore; lo Umgreifendes', la realtà storica della filosofia; la lettura della cifra. Tra scienza e filosofia c’é tensione dialettica, che comporta possi- bilità di superamento (8). L’esperienza diretta di Jaspers sul terreno delle scienze psicologiche, la sua formazione dovuta anche ai con- tatto con il pensiero sociologico di Max Weber, che egli ricorda sempre con

profondo rispetto, lo portano ad una concezione del sapere scientifico lontana sia da chi vorrebbe semplicemente ridurvi ogni aspetto della filosofia, sia dall’idealismo negatore di ogni posi- tività scientifica. Egli usciva dall’esperienza positivistica di fme Ottocento e da una formazione avvenuta in buona parte nel clima del neokantismo e dello storicismo, nel loro sforzo di autonomia filosofica. È nella filosofia che le scienze acquisiscono il loro senso. Le scienze sono nate dalla metafisica

e se ne sono liberate renden- dosi positive. C’é quindi una filosofia a monte del pensiero scienti- fico, destinata a dissolversi ma, nello stesso tempo, necessaria come impulso originario al sapere. Raggiunta I’autonomia, si pone alle singole scienze ii problema del loro senso. Ciascuna di esse trova la propria finalità nel soddisfare agli scopi pratici per cui è sorta e nel conseguire risultati nell’ambito della sua finalità. Peró essa non trova il proprio senso teorico se non nell’ambito dell’unità del

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 49 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
ne degli uomini d’intomo alle umane necessità o utilità, che son i due fonti del diritto natural delle genti»(43). Le scelte dell’umano arbitrio sono altrettante occasioni per l’azione della Divina provvidenza; e non si comprende perché Emesto Grassi scriva che a suo avviso «È (...) impossibile dedurre l’apertura ad un pensiero religioso ’cristiano’ deii’occasione, quale forma originaria nella quale si manifesta l’appello abissale al quale risponde la storicità tragica del presente

della tradizione: «Tal divina architetta - scrive Vico - ha mandato fuori ii mondo delle nazioni con la regola della sapienza volgare, la quale è un senso comune di ciascun popolo o nazione, che regola la nostra vita socievole in tutte le nostre umane azioni cosi, che facciamo acconcezza in ció che ne sentono comunemente tutti di quel popolo o nazione. La convenienza di questi sensi comuni di popoli e nazioni fra loro tutte è la sapienza del genere umano»(49). In questa visione - per quel che

riguarda la filosofia della storia, ma anche la filosofia morale e politica del filosofo napoletano - il senso comune ricopre lo stesso ruolo che nella gnoseologia del De antiquissima svolgono i punti metafisici{50): quello di raccordo fra realtà sensibile e realtà sovrasensibile, e insieme di superamento dell’unilateralità e deila limitatezza, alla ricerca di un Ordine superiore a cui aspirare e verso il quale tendere. In Dio (e non a caso questa è la conclusione del De antiquissima) l’identità fra

vero e fatto diventa perfettamente com- piuta(51). Per Vico non merita il nome di filosofo chiunque non accetti quale presupposto del proprio filosofare l’esistenza di Dio e l’idea della Divina Provvidenza(52). II filosofo napoletano, convinto del fatto che 32

15
Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 165 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
effetti deile naturali apparenze e ne fa immagini luminose per abbacinare...co’ loro lampi le menti e...accendere gli affetti umani»(3). In altre parole e con maggior chiarezza, «il niuno o poco uso del raziocinio porta robustezza de’ sensi; la robustezza de’ sensi porta vivezza di fantasia; la vivida fantasia è l’ottima dipintrice delle imma- gini che imprimono gli oggetti de’ sensi»(4). Tale apertura porta ad una visione affatto nuova della «Storia»: i primi popoli, quasi fanciulli del genere

umano, fondano quello che potremmo chiamare il mondo delle arti; seguono i filosofi, e dopo lunga età, atti a gettare le basi del mondo delle scienze. Ora, il pensiero vichiano non sembra aver avuto, nell’immediato, molta fortuna nel campo delle arti: cosa logica e prevedibile se guar- diamo al filone piú rigoroso del pensiero illuminista e della successiva predicazione neoclassica, ossia ai Neoclassicismo solo quale revisione critica, su basi razionali, deU’esuberanza e della passionalità «baroc

- che» o delle leziosità sentimentali del «rococó», in forza di un salutare recupero delle forme e del linguaggio, appunto, propri del Classici- smo. Ma se miriamo piú a fondo, ben sotto la vantata ricerca dell’astratta compostezza del «bello ideale», proprio nello stesso Win- ckelmann, indiscusso profeta di quel «dogma», nel suo entusiasmo fondamentalmente ingenuo e acritico per il mondo greco, da lui piú «inventato» che, in realtà, «conosciuto», incontriamo elementi di un trasporto affettivo per

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1989
Arthur Schopenhauer : 1788 - 1860 ; nel 200. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 11 )
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Pagina 70 di 104
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: XI, 84 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung
Soggetto: p.Schopenhauer, Arthur ; f.Kongress ; g.Meran <1989>
Segnatura: II 128.059
ID interno: 62101
la maggior parte degli strumenti concettuali che gli permettono una fondazione critica della sua dottrina. Guarderó invece al kantismo solo in riferimento a quella intuizione della vita che ho fatto emergere in riferimento al platonismo. Si vedrà allora che Schopenhauer sottolinea del kantismo proprio i mo- menti intesi a quella depurazione dei valori dal mondo empirico di cui si è detto, presentando la sua filosofia sotto questo rispetto come una radicalizzazione di istanze kantiane. Lascio da parte per

ora il valore re- ligioso limitandomi a ricordare che per Schopenhauer l’unica forma di religiosità autentica è quella mistica e che se questa affermazione puó sembrare contraddire i risultati della critica kantiana awersa com’é noto a ogni forma di mistidsmo, pure puó anche essere intesa come una radicalizzazione del razionalismo religioso kantiano, svolto nel sen- so di un rifiuto di ogni religione storico-positiva quando non sia rico- nosciuta nel suo carattere di puro mito espressivo di verità

vorrei soffermarmi sul valore estetico e su quello etico. Quanto al valore estetico Schopenhauer trova la spiegazione kantia- na del sublime «giusta ed eccellente», ma rimprovera a Kant di non es- sersi accorto che «il bello è una specie di sublime, o meglio che il su- blime è una specie del bello, in quanto in esso si esprime nella maniera piú immediata, la negazione del mondo temporale, che è assolutamente l'essenza di ogni bellezza». (HN 145). Cerchiamo di commentare questo passo a prima vista

un po’ difficile. Che cosa significa che il bello è per essenza la negazione del mondo temporale e in che senso bello e subli- me coincidono? Per capire ció occorre richiamarsi brevemente alla dot- trina estetica di Kant. Kant aveva posto Ü sentimento del bello nella contemplazione estetica facendo vedere come in essa si prescinda da ogni 54 —

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1989
Arthur Schopenhauer : 1788 - 1860 ; nel 200. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 11 )
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Pagina 69 di 104
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: XI, 84 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung
Soggetto: p.Schopenhauer, Arthur ; f.Kongress ; g.Meran <1989>
Segnatura: II 128.059
ID interno: 62101
re in piena luce in Platone gli elementi dualistici ed ascetici, a detrimen- to di altri aspetti del suo pensiero: il tormento della scepsi platonica si risolve cosi in un senso platonico della vita che si cristallizza in certi ri- sultati definitivi per quanto interessanti. In questo quadro del platoni- smo non è presente il Platone politico che nel mondo ideale cerca una regola per la costruzione della città terrena. E Schopenhauer non igno- ra certo questo Platone politico, ma semplicemente

lo rifiuta. «I filosofi delPantichità » egli dice «hanno riunite molte cose in un solo concetto: numerosi esempi ce ne offrono i dialoghi platonici. La piú grande con- fusione di tale specie è quella dell’etica con la politica. Lo Stato e il Re- gno di Dio, ossia la legge morale, sono cosi eterogenei che il primo è la parodia del secondo, un riso amaro per l’assenza di questo, una stam- pella invece della gamba, un automa invece di un uomo».(HN 117-18). La vita politica, resa possibile da un insieme

triviali?». (HN I 10). I valori, il valore religioso, il valore etico e quello estetico sono dal giovane Schopenhauer vissuti e sentiti non come qualità del mondo e suoi prodotti, ché lo statuto del mondo sem- bra essere nei loro confronti quello della negatività che li respinge, ma come in opposizione al mondo e alla vita: solo raramente rivelantesi nel mondo e nella vita, rivelantesi tuttavia, testimoniando in tal modo di un principio trascendente. Questo principio trascendente che in essi

si ri- vela e a cui essi rimandano resta per Schopenhauer rigorosamente tale. Egli riconosce infatti che è oggetto piú di presagio e nostalgia che di possesso: la filosofia che vuol essere razionalismo non puó che parlare di esso in termini negativi, come del luogo di redenzione dal mondo della colpa e della sofferenza che è l’unico che propriamente conoscia- mo. Compito della filosofia non puó dunque essere quello di esporre il contenuto della coscienza migliore, ma è quello di approfondire il dua- lismo

, coscienza migliore - coscienza empirica, eterno-temporale, man- tenendo l’opposizione dei termini che entrano a costituirlo ed evitando ogni mistione di essi, che avrebbe come unico esito quello di farci smarrire il senso della trascendenza e di riconciliarci con il mondo fe- nomenico, chiudendoci gli occhi al suo sostanziale disvalore. L’approfondimento del dualismo per Schopenhauer si risolve quin- — 53

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1989
Arthur Schopenhauer : 1788 - 1860 ; nel 200. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 11 )
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Pagina 80 di 104
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: XI, 84 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung
Soggetto: p.Schopenhauer, Arthur ; f.Kongress ; g.Meran <1989>
Segnatura: II 128.059
ID interno: 62101
negativi delTesistenza, la colpa e il dolore, che altrimenti cesserebbero di avere il significato tragico che egli intende loro annettere. II rnale in- fatti non puó essere appiattito sul piano fenomenico, ché perderebbe allora ogni consistenza. E questo il momento veramente «moderno» del suo filosofare, per cui Schopenhauer si schiera contro tutte le filo- sofie che si rifiutano di riconoscere la realtà positiva del male nella sua negatività distruttiva riducendolo a puro non essere

, a fenomeno super- ficiale dell’esistenza, etc , che intendono insomma a attenuarlo to- gliendo ad esso il suo carattere reale e scandaloso. Questa affermazione della realtà del male lungi dallo sminuire il senso schopenhaueriano della trascendenza, piuttosto lo rafforza. Proprio nel caso della fenome- nizzazione del rnale, la tragicità della vita su cui Schopenhauer tanto in- siste cesserebbe. stemperandosi in un vago senso della nullità e vanità de! tutto che potrebbe anche appagarci di sé senza rimando

erano il pensiero meno adeguato ai tempi moderni. Salomone aveva già pensato la stessa cosa piú di duemila anni prima, e persino lei sebbene non facesse parte del gruppo dei pensatori era andata piú oltre. Se tutto non era che vanità, perché prendersela? Purtroppo era peggio che va- nltà - ingiustizia, estorsione e morte...». Per Schopenhauer il male è reale e non puo essere esorcizzato con una tale formula: se redenzione c'é deve essere redenzione reale. D’altra parte è possibile pensare la vita

. II sentimento della colpa e della compassione, per Schopenhauer i sentimenti umani piú profondi, sono metafisica- mente rivelativi. II concepire la nostra esistenza come colpa, il mondo come qualcosa di assiologicamente negativo, implica che Pesistenza fi- sica del mondo non ne esaurisce il significato o come Schopenhauer dice piú volte che il significato ultimo del mondo sia morale (non si di- 64 —

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1995
Giambattista Vico : (1668 - 1744) ; nel 250° anniversario della morte.- (Studi italo-tedeschi ; 17 )
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Pagina 61 di 204
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Descrizione fisica: XI, 181 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. ital. und dt.
Soggetto: p.Vico, Giambattista ; f.Kongress ; g.Meran <1995>
Segnatura: II 143.265
ID interno: 103866
Lo spazio politico sernbra potersi inscrivere nell’estetica, almeno nell’abisso logico che separa l’Ordine dal consenso. Quale relazione puó instaurarsi fra questi due termini, allorché le piú autentiche fonda- zioni della sfera del Potere rimangono inindagabili dall’Intelletto e dalla Ragione? Come si puó porre in relazione l’ideale dello Stato derivato dal contratto originario, con l’origine effettiva dello Stato, derivato dall’incontro e dallo scontro degli egoismi(106)? Ricercare

la soluzione di questi problemi nell’etica kantiana, come è stato strumentalmente tentato da un aedo della democrazia quale John Rawls, produce solo delle incomprensioni e delle forzature nell’interpretazione deU’imperativo categoiico(107); e la ricerca di una fondazione «nobile» della mitologia della democrazia non puo giusti- ficare alcuno stravolgimento del pensiero di un filosofo. Di contro, l’estetica kantiana - senza attribuire all’Ordine alcuna valenza arche- tipica - potrebbe fomire ad esso

l’attribuzione di un contenuto quale la tensione infínita verso la razionalità, pur non obliando la natura fenomenica in un mondo che è portatore - weberianamente - del peso del disincanto. E proprio questo peso, che è il peso del nichilismo, ripropone l’attualità di un pensiero che riscopra la presenza del destino nella storia. E, come ha affermato Emst Jiinger, «Bisogna tuttavia convenire che, come ai tempi di Kant si esplorava l’universo della conoscenza cosi oggi incominciamo ad esplorare l’universo

dell’essere, del destino e del carattere. Sono due stili di pensiero diversi, e spesso anche contrapposti come il giomo e la notte»(108). NOTE 1) Cfr. G. B. Vico De Antiquissima italorum sapientia, in G. B. Vico, Opere Filosofwhe, a cura di Paolo C ristofolini, Firenze 1971, p. 62 sgg. Per la pole- mica anticartesiana, cfr. G. B. Vico, Vita, in Opere Filosofiche, cit., p. 14 sgg. 2) Ibidem. 3) Cfr. G. B. Vico Principi di scienza nuova (1744), in G. B. Vico, Opere Filo- sofiche, cit., p. 441. 44

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Libri
Categoria:
Filosofia, psicologia
Anno:
1985
Karl Jaspers : 1883 - 1969 ; 1983 - Celebrazioni nel I. anniversario della nascita.- (Studi italo-tedeschi ; 6 )
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Pagina 36 di 78
Autore: Deutsch-Italienisches Kulturinstitut in Südtirol (Meran)
Luogo: Merano
Editore: Accad. di Studi Italo-Tedeschi
Descrizione fisica: 56 S.
Lingua: Deutsch; Italienisch
Commenti: Beitr. teilw. ital., teilw. dt. mit jeweils dt. oder ital. Zsfassung. - Literaturangaben
Soggetto: p.Jaspers, Karl ; f.Kongress ; g.Meran <1983>
Segnatura: II 128.054
ID interno: 62093
del suo lavoro, del suo intervento pubblico e del suo comportamento privato. Cer- chiamo di dare una risposta a questi quesiti, una risposta d’altronde che non presenta una eccessiva difficoltà, data appunto la intima e globale coerenza che la personalità di Jaspers manifesta nella lunga vicenda della sua vita. Potremmo riassumere la risposta agli interrogativi che ci siamo posti individuando nella volontà di comunicazione interpersonale al di là dell’irrazionalità singole e collettive, una

comunicazione liberatrice da esse, il nesso costitutivo del rapporto che intercorre tra il pensiero e la personale esistenza di Jaspers, tra la sua prospettiva filosofica e la sua avventura umana. Lo studio della psichiatria e la stessa ampia pratica dinica avevano posto dinanzi alla riflessione del giovane Jaspers il senso di quel conflitto, di quella separazione tra soggetto ed oggetto in cui si condensa l’essenza stessa della malattia mentale. Subject-Objekt Spaltung(scissione soggetto-oggetto

) è la chiave di let- tura degli atteggiamenti del malato, ma è anche il problema fonda- mentale della conoscenza filosofica, un problema gnoseologico denso di implicanze metafisiche. II passaggio di Jaspers dalla psi- chiatria alla filosofia si compie attorno al convergere di entrambe in questa comune problematica. Si aggiunga la convinzione che Jaspers sottolinea con forza nella edizione del 1946 della sua Alíge- meme Psychopathologie (Psicopatologia Generale) che il malato mentale «può divenire

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