commerciale ed agricola, ' come emporio di traffici transalpini e transmarini, qual era stata con Roma, Aquileja era morta. . • Ma una forza finallora se non ignota, certo non valutata, covava' in lei, e le preparava nuovi destini. Quella forza era la sua Chiesa: dopo la Chiesa di Roma, lapiù illustre della, cristianità — tanto, che vi è un momento nella storia ecclesiastica, nel quale si vede che i fedeli sono incerti se debbano guardare a Roma o ad Aquileja: il fascino imperiale e magico del nome
di Roma anche quella volta ha vinto, e ne venne il Papato; ma in questa vittoria la Chiesa di Aquileja rimase subito dopo quella di Roma ed i suoi vescovi nominatisi patriarchi — il maggior grado, dopo quello di pontefice, nell’antica gerarchia dei pastori del gregge cri stiano — ebbero un’autorità sconfinata, specie nel settentrione d’Italia ed in Oriente. Costoro, meglio di Teodorico e di Narsete, compresero i tempi: gli avvenimenti succe dutisi in Italia e nel rimanente d’Europa, le trasmigrazioni
' di ecclesiastico e militare. E vi riescirono, assecondati per molto tempo dalla fortuna. Il patriarcato d’Aquileja fu uno de’maggiori principati teocratici-militari del medio evo, se non il maggiore addirittura. Come principato ecclesiastico era centro d’una vasta diocesi che dallo Spluga e dal Po si estendeva sino alla Drava ed ai confini dell’Ungheria: e la Chjesa d’occidente considerava nel patriarca d’Aquileja il suo primo dignitario, dopo il pontefice romano. Quale principe secolare, il patriarca
d’Aquileja, specie dopo le concessioni di Corrado il Salico, era principe' dell’Impero, rispetto al quale, cioè, andava esente da ogni aggravio feudale e dall’obbligo militare. Il patriarca d’Aquileja doveva prestare all’imperatore semplice omaggio feudale, giurargli devozione e fedeltà. La corte de’patriarchi d’Aquileja fu delle più splendide q celebrate nel medio evo: mutò varie volte di residenza: stette dal 617 al 717 al castello