i. visconti. 429 Morto nel 1349 Luchino, restò solo padrone del vasto stato il fratello e già socio di lui arcivescovo Giovanni, il quale oltre che col Tarmi volle ingrandire la potenza della sua Casa coi parentadi. Per questo dopo aver data in moglie al nipote Galeazzo Bianca sorella del conte Amedeo di Savoia,, premendogli di assicurarsi T amicizia dello Sca ligero in odio a Venezia,, chiese a Mastino per l’altro ni pote Barnabò la mano della figlia Beatrice, per Vanimo grande - son parole
del Corio - sopra a rio-minaia regina ; queste nozze con gran pompa si celebrarono in Verona nel 1350 ai 27 settembre. Scrisse il Gratarolo che Beatrice portò in dote al marito la Bivi era, ovver l’ebbe da lui in contraddote; il Corto invece, nella 3 a parte della sua Storia al cap. 4°, assicura ch’ella maritandosi fece rinuncia di tutti i beni paterni che le potessero in futuro pervenire, accontentandosi della dote in danaro che le veniva assegnata. Quale dei due storici abbia ragione non
è facile decidere ; io sto col Gra tarolo, a ciò indotto dal vedere gli atti di vera sovra nità che Beatrice esercitò qui; atti non posti in dubbio, neppure da chi respinge la notizia della dote. Osservo inoltre che se è vero che i Della Scala non aveano se* non temporaneamente esercitato sovranità sulla sponda occidentale e per ciò non potevano dare ciò che non ave vano, è vero altresì che virtualmente se ne consideravano padroni pel fatto che tutto il lago si riteneva allora appar tenenza di Verona
o di Garda e dei signori loro eh' è lo stesso, e il diploma di Carlo IV 0 imperatore, di cui ora dirò,, non stabiliva già cosa nuova, ma era semplice rinnovazione 6 conferma di privilegio più antico. Il Fonghetti così fiero difensore dell’ indipendenza della sua patria, sulla questione della dote di Beatrice non si ferma, appena T accenna e. senza deciderla passa oltre; riconosce perù che dopo Fanno del matrimonio la Riviera fu dei Visconti; i quali, e non più Venezia, vi mandarono d’allora in poi