— 6 9 — pari alla fama di colui che poteva- comandarle non che permetterle. Desolato il territorio, Azzolino, dimentico di Ve rona, s' incammina alla volta della sua Lassano per ag guerrirsi di tutto punto; e nella primavera del 1256 rièccolo già, per il canale del Brenta, alle porte della città ribelle. Devasta Pergine. borgata a due ore da Trento ; incendia villaggi ; distrugge fortezze. I Càstel- barco, già riavvicinatisi al vescovo Egnone nell’ora più felice delle prime ribellioni, ora sono
con quei dì Levino i primi ad abbandonarlo: (1) il vescovo dico, che della riscossa era l'anima, la vita, l’iniziatore e il banditore. Egnone, allora, li fulmina colle più severe censure. Ma quelli se ne ridono e più che mai se ne ride Azzolino. Trento si vide perduta. Come il tiranno prendesse la città, e se realmente, anzi, egli o i suoi v entras sero — nè gli scrittori Trentini, nè altri, eh’ io mi sap pia, raccontano. Ma, se chi crede al Verci non s’ ap- pon male, quelle orde imbestialite dal
lungo attende re, riuscite a penetrarvi, commisero nefandezze, che la fantasia e la leggenda del popolo certamente esage rò ; ma anche qui stupri, rapine, stragi, incendi. « Tut ti — così il Verci — tutti commiserarono gli infelici cittadini che andarono soggetti a tanti mali.» (2) E non è certo a stupire. Della ribellione di Trento parlano, più diffusamente de’ Trentini, il Monaco padovano , il Cronista estense , il Cronista padovano, Andrea Dandolo , il Muratori , il Dalla (1) V. Gar.\ Annali del
Principato Eccl. eie, sui documenti del Vescovo Alberti eie. Trento , Monauni, 1860; pp. 124 e IZ4. (2) Si. degli Ec. II, p. z2o.