— 62 E poi, francamente, dovrebbe a tutti noi ripugna re il credere che Dante il quale, quando descrive, « non erra », che in sè riunisce l’arte dello scultore e del pit tore « dal vero », che dà quasi un’ anima alle sue .li gure, alle sue imagini, anche se inanimate, e che volle riuscire e riuscì sempre terribilmente vero; abbia fidato d’ altri occhi che de’ suoi, d’ altra memoria die della sua, per innestare nel Poema « al quale han posto mano e cielo e terra » una descrizione che va tra
le più per fette e che meritò, unica fra tante altre, di attirare 1’ at tenzione di un Goethe. Dante, dunque, vide non solo, ma ebbe agio di esaminare la rovina di Marco. E mi sembra che non si possa ragionevolmente più dubitare, (i) lettera ad Adolfo Wagner del [ 827 , 1 a riteneva col Torcili per quel la di Rivoli. Ma nel luogo sopra citato, onestamente si ricrede in favore di quella di Marco. (l) Sorprende che V Ampere nel suo « Voyage Dantesque » [Revue d. d. Mandés, nov. e die. 1839} che trovò
tanti imitatori, non solo non faccia alcuna allusione al viaggio di Dante nel Trentino, mentre pur conferma di aver impreso un pellegrinaggio in tutti 1' luoghi dove Dante fu, passo a passo, in città e in castella, dans le montagnes oit il a errò, dans les asiles, qui F ont reçue!li\ ma ancor che dica della mina (da lui ap pena ricordata a proposito dell’Adige nel Veronese); « que les com mentateurs n’ ont pas retrouvé avec certitude ». Sorprende veramente, perché J’ Ampère, di regola, è esatto