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Schlern
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Data: 01.09.2009
Descrizione fisica: 138
nella Prima Guerra Mondiale, dieci mesi dopo l’inizio delle osti- litä in Europa. Chi non possedeva questi requisiti, circa trenta mila persone, aveva facoltä di optare per la cittadinanza italiana, in base all’articolo 22 del trattato di Saint Germain, con apposita domanda da presentare presso i Comuni. La gran par- te di queste persone erano impiegati, ferrovieri, insegnanti che si erano trasferiti in Sudtirolo provenienti da ogni parte dell’impero. Il diritto di opzione, come awerrä anche nel

1939, era riservato al capofamiglia ed era vincolante per moglie e figli mi- norenni. Quantunque lo Stato italiano avesse promesso di procedere con speditezza e con occhio benevolo nei confronti di chi presentava istanza di acquisizione della cittadinanza italiana, la realtä fu affatto diversa. La gran parte delle domande fu va- gliata con lentezza e alla fine, le domande respinte furono un terzo. Quasi diecimila persone vennero a trovarsi in situazione di grave disagio, soprattutto i dipendenti

pubblici, cui la cittadinanza italiana era conditio sine qua non per poter lavorare. Per molte persone, rimaste licenziate per mancanza di cittadinanza, l’unica alternativa fu quella di emigrare nel Tirolo austriaco. Al diniego delle richieste di cittadinanza sottendeva l’intenzione politica delle autoritä italiane di ridurre numericamente la minoranza sudtirolese e di espellere gli elementi politicamente scomodi per il loro attivismo sul fronte sindacale, o a causa della loro appartenenza al partito

social- democratico di cui i ferrovieri costituivano il pemo del movimento. Discriminate furono anche quelle persone che piü in generale si erano esposte durante la guerra con iniziative contro l’Italia. La categoria di lavoratori piü colpita dal rifiuto di otte- nere la cittadinanza italiana fu quella dei ferrovieri, una categoria invisa alle autoritä italiane, ma anche concorrente del Deutscher Verband, il neo movimento di matrice cattolico popolare e liberale difensore primo della causa

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Pagina 28 di 138
Data: 01.09.2009
Descrizione fisica: 138
. La questione non era di facile soluzione e da parte italiana, vista la genericitä dell’art. 27 il quäle non specificava che cosa si intendesse per „cultura germanica/deutsche Kultur“, si propose di rifarsi ad altri trattati di trasfe- rimento di popolazioni. Proposta che venne respinta dai colleghi tedeschi. Oltre alle divergenze interpretative di cosa fosse „cultura/Kultur“, i rappresentanti italo-germa nici discussero sui criteri di assegnazione di un documento scritto, se alla cultura ger manica

la commissione culturale italo-tedesca. Da parte italiana era presente soltanto il Soprintendente dott. Ing. Antonio Rusconi. I tedeschi si presentarono invece in quattro: Wolfram Sievers, Joseph Ringler, Oswald Trapp e Walter Frodl. Questa volta Rusconi fu posto in minoranza e dovette far contro alle insistenze dei ger- manici i quali volevano asportare dal Sudtirolo il maggior numero di beni artistici possibile, seguendo quanto dichiarato in merito dal Führer, il quäle chiedeva che fosse offerta facoltä

agli optanti emigrati di poter portare nel Reich il loro patrimo- nio artistico, patrimonio della nazione tedesca. 50 Ma anche in questa riunione si incappö nella vastitä semantica del termine cultura/Kultur e del derivato patrimonio culturale. Ringler avrebbe voluto che fosse defmito precisamente e cito ad esempio l’artista sudtirolese Michael Pacher. Rusconi controbatte che „l’opinione italiana e tedesca circa l’appartenenza nazionale dell’arte di Pacher divergono“ a cui Ringler replicö

seccamente: Voi siete dunque dell’opinione che un’artista della Pusteria dell’arte gotica tarda, i cui ge- nitori sono oriundi da questo paese e la cui lingua materna e tedesca, possa aver creato un’opera d’arte italiana? E un imbarazzato e solo Rusconi si rifugiö dietro un laconico: In generale no. 5 ’ 05 05 DERSCHLERN 26

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Data: 01.09.2009
Descrizione fisica: 138
della toponomastica unicamente in lingua italiana il fascismo fu assai solerte, sin dal 1923, l’uso del nome Tirol e Südtirol furono proibiti e nel 1926 col decreto legge n. 17 del 10 gennaio il regime raggiunse il parossismo della sua paranoia snazionalizzatrice. Il decreto portava come tito- lo „Restituzione in forma italiana dei cognomi delle famiglie della provincia di Trento“. 20 Si trattava di italianizzare, o meglio secondo il regime di ri-italia- nizzare quei cognomi che si suppone

- va essere di origine italiana o latina e che erano stati „deformati“ con grafia straniera o con l’aggiunta di suffisso straniero. Il decreto non fu mai con- vertito in legge, segui il 5 agosto un decreto ministeriale in cui si dispone- va la procedura attuattiva di quanto ordinato, ma l’italianizzazione dei co gnomi awenne solo parzialmente. Nel luglio del 1927 si svolse una riu- nione dei segretari del PNF (Partito na- zionale fascista) delle province di con- fine, presieduta dal duce, nella quäle

furono analizzate le misure da intra- prendere al fine di realizzare la morte civile delle minoranze etno-linguistiche comprese sul territorio nazionale. 21 Nel 1928 venne eretto un monumento a Bolzano 22 fermamente voluto da Be nito Mussolini, il monumento che, in Stile imperiale, celebrava il decimo an- niversario della Vittoria italiana nella prima guerra mondiale. Del progetto fu incaricato il piü noto architetto del regime, Marcello Piacentini. Un tale monumento aveva lo scopo di depri mere

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Data: 01.09.2009
Descrizione fisica: 138
che i trasferimenti di popolazioni erano prowedimenti ritenuti leciti da tutta la comunitä politica intemazionale, non solo dagli stati dittatoriali. 3.2.1 La snazionalizzazione del Sudtirolo E del 23 ottobre del 1923 il decreto del prefetto della Venezia Tridentina Giuseppe Guadagnini che ordinava l’uso esclusivo della lingua italiana per tutti gli organi politici, negli uffici pubblici e in tutti gli enti pubblici, istituti, stabili- menti ed opere pie, consigli e consorzi che stessero sotto

il controllo di un’auto- rita statale, provinciale o comunale. Ed il 28 ottobre, un altro decreto prefettizio prescriveva la lingua italiana nei manifesti, segnalazioni, tabelle, cartelle, insegne, ammettendo la traduzione accanto al testo italiano solo in quei comuni dove „la lingua d’insegnamento nella scuola popolare non e ancora interamente l’ita- liana“. Il Regime fascista diede cosi inizio ad una graduale opera di demolizio- ne e rimozione della cultura autoctona. Si cominciö col sistema scolastico

italianizzate un anno piu tardi, ma qui non si previdero ore dedicate alla lingua madre. L’art. 3 del R.D. 1° ottobre 1924 sanci soltanto la facoltä per l’insegnante di trovare i modi e le forme per farsi capire dai bambini. Cosi l’art. 3 del citato decreto: Nell'istruzione da impartirsi nelle scuole materne frequentate, sia in parte, sia esclusi vamente da bambini allogeni resta libertä all'insegnante di usare un sistema per cui la lingua italiana e quella parlata dagli allogeni abbiano a vicenda carattere

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