¬L'¬ idea universale di Roma e la sua funzione europea nel mondo di lingua italiana e nel mondo di lingua tedesca : atti del XIV convegno internazionale di studi italo-tedeschi, Merano, 5 - 10 aprile 1976
, scontroso, dapprima grugnisce: «Come ti permetti di disturbarmi, poltronaccio?» E il Burck- hardt commenta: «Ella vede quanto cordialmente noi ci trattiamo». Mentre il Tritone continua: «È meglio tu non sappia che cosa sta facendo, perché sapendolo saresti immediatamente colto da morsi della coscienza». A1 che il Nostro insiste: «Ditemi almeno quale foglio dei suoi sermoni sta correggendo. In quanto al mio vagabondare e al mio poltrire, i morsi della coscienza li avverto pure, ma non ce la fanno a emen
- darmi». Allora il Tritone precisa: «II Wackemagel è al quarto foglio. Questa sera ha detto a sua moglie: se una volta o Taltra quel fannullone di Roma mi scrive una bella lettera, dovrei mandargliene una ancor piü bella io». E il Burckhardt, dopo aver pre- cisato che il mitico figuro aggiunse «Piú non ti dico», assicura che «in questo istante al povero Tritone deve essere andato per traverso un boccone di melma, o una rana, o qualcosa di simile, tanto che ha interrotto lo sgorgo e la parola
, e tossisce e sbuffa proprio maledettamente» 17) . Ma, ben s’intende, anche se di gustose amenità se ne incontrano altre, e se, in con- siderazione che a Roma il tempo puó essere «sovrumanamente bello» e che non si puó restare a tavolino, che «si deve andar fuori, quasi a spremere Tincanto della na- tura e della architettura, specialmente nelle ore serali, sino all’ultima goccia» 18) , se il Burckhardt sogna ad occhi aperti e scrive versi, prima che la Roma dei suoi giomi, fa sua, monumento dopo monumento
, scorcio dopo scorcio, la Roma dell’arte e della storia. E presto, il 16 maggio dello stesso anno 1846, puó dare la notizia che lo hanno chiamato, con mansioni di storico dell’arte, all’AccademÍa di belle arti di Berlino. Non ne sembra molto contento: lo turba il dover accorciare il soggiomo in Italia, a Roma. Dopo breve sosta a Napoli, che gli riesce deliziosa, ma che tuttavia ha troppa «marmaglia», a Firenze che, questa volta, dopo Roma, gli risulta «un tantino prosai- ca» 19) , a Ravenna dove
«in ispirito si è seduto a tavola con Odoacre e Teoderico» 20) , giunto nella «sbalorditiva» Venezia, dove il tempo gli è sottratto dai «molti Tiziano e dai mosaici su fondo d’oro», il 13 agosto scrive: «In nessun posto d’Italia vorrei trattenermi sia pure soltanto un quattro mesi, ad eccezione di Roma, che di tutte le altre città che conosco, sceglierei per dimora della mia vita, e fuori dalle sue mura non sarò mai piü pienamente felice 21) . 262