— il — accrebbe a quattro e più mila persone, e guai a chi si rifiutasse, chè di spogliamenti e di morte era brutalmente minacciato. Qua lunque sorta di armi serviva all'impresa: mannaie, forche, falci, spiedi, spuntoni; e a tanto furore si era giunti, che trascinarono seco perfino i legni occorrenti per le forche, su cui calcolavano appendere i castellani. Comparve di fatto la mattina seguente innanzi al castello la folla tumultuante, e già si disponeva a darvi un secondo e maggior assalto
, preferire piuttosto di vivere sotto la protezione del Conte. Il Capitano allora, avvertiti i ribelli, che se persistessero ostinati nella lor fellonia, avrebbe dovuto pel suo ufficio usare contro essi severi castighi, e piantar nelle Yalli il patibolo, ebbe la petulante rispo sta, che meglio sarebbe piantarlo sulla piazza del suo castello, con aggiunta di altri sconci improperi e fiere minaccie. Yista tale risolutezza, nè volendo il Tono azzardare un colpo pericoloso col dare addosso a quella numerosa
e feroce ciurmaglia, prudentemente preferì di invitare il Castellano ad aprire la porta del castello, dichiarando alla folla, che dal momento che essa desidera di sottomettersi al Conte del Tirolo, a nome di questo egli intendeva occuparlo. Accettata la proposizione e spalancata la porta maggiore del Castello, vi si cacciarono i caporioni con altri dei più arditi, cercando a morte gli Ufficiali e Ministeriali Vescovili ; ma questi durante le trattative avean trovato modo di fuggire o di occultarsi
. Allora diedero mano furiosamente alle cose del Castello, misero a pezzi quanto potevano, portarono via quanto , piaceva ; e dopo aver sfogata per ogni verso la propria ira e avidità, ritornarono alle loro case lasciando il Castello, come ne assicurano documenti posteriori, pienamente devastato. Mentre tali scene avvenivano presso il Castello di Coredo, in molti altri luoghi eziandio si commettevano dai tumultuanti